La Festa del cinema di Roma va avanti senza grandi emozioni e con qualche problema organizzativo. Antonio Monda, direttore artistico confermato fino al 2020, ammette di avere avuto “divergenze creative” con la presidente Piera Detassis mentre è misteriosamente (neanche tanto) saltato il red carpet di Amanda Lear previsto per il film ‘Metti una notte’ di Cosimo Messeri di Alice nella città, festival parallelo e gemellato da sempre con la Festa del cinema, che rischia di oscurare quello di Monda. E così, in una kermesse cinematografica senza grandissimi ospiti, con pochi film (finora) di alto livello, molti dei quali giunti a Roma senza le star o i registi (Kathryn Biglelow regista di ‘Detroit’ e Margot Robbie star di ‘I, Tonya’, le assenze più significative), il film più bello è stato quello di Nanni Moretti. Un film scritto, diretto e interpretato da se medesimo e recitato dal vivo in sala Petrassi davanti a 500 persone lunedì sera. Protagonista di uno degli ‘incontri ravvicinati’ voluti da Antonio Monda per mettere in contatto star internazionali col pubblico, Moretti ha scritto e interpretato uno spettacolo il cui finale doveva essere (ed è stato) ad effetto.
Overture: Moretti spettatore
Si parte con Nanni Moretti che, dopo aver mostrato una divertente clip con le scene tagliate di ‘Mia madre’, inizia il suo film-live. Il 64enne attore e regista romano (anche se è nato a Brunico) confessa di aver cominciato tardi ad essere uno “spettatore forte”, dopo i 15 anni, quando alla fine della scuola e degli allenamenti di pallanuoto si recava nei cinema a vedere i film degli anni ’60. Non solo quelli italiani, racconta. Registi che “rifiutavano il cinema e la societè avuti in eredità e cercavano di prefigurare un nuovo cinema. E una nuova società”.
La decisione: faccio il regista e l’attore
Nel 1972, dopo la maturità, Nanni Moretti fa la sua scelta. “Il mio ex compagno Pietro Veronese, oggi giornalista – racconta - mi chiese cosa volevo fare e io, vergognandomi, risposi che non avrei fatto l’università e che avrei fatto il cinema. Mi chiese se volevo fare l’attore o il regista – continua – e io gli ho risposto che volevo fare sia l’uno che l’altro”. E così, ricorda Moretti, iniziai a propormi e frequentare i set dei Taviani, Peter Del Monte e Bellocchio come assistente volontario. “La stessa confusione che avevo io – racconta – la portavo sui set: chiedevo ai registi di assisterli ma poi aggiungevo: ‘se c’è un ruolo da attore io sono pronto….’”.
Come parli frate
Arriva il videoclip tratto dal suo primo mediometraggio, ‘Come parli frate’, del 1974 con Beniamino Placido (“A cui ho fatto togliere gli occhiali perché si vedesse la sua miopia”), una rilettura alla Moretti de ‘I promessi sposi’ con lo stesso regista nei panni di un cupo don Rodrigo. Un promo tentativo di cinema che risentiva dell’influenza dei fratelli Taviani (“la telecamera fissa su di me”) e di Carmelo Bene (“La morte di fra Cristoforo” con acqua, sangue e un liquido nero che scorre sulla faccia). Come spettatore a 20 anni riuscivo a mettere insieme i Taviani e Carmelo Bene.
Il debutto come attore
Moretti parla di se stesso attore. Dopo alcune apparizioni giovanili, il debutto avviene, con successo, nel film del suo ex assistente, Daniele Luchetti, ‘Il portaborse’. Un ruolo in cui tira fuori tutta la sua istintiva e naturale antipatia che dà un valore aggiunto a un personaggio spregevole e arrogante. ”È stato lo stesso Luchetti a volermi nel suo film - racconta Moretti – per spiazzare il pubblico”. Un ruolo importante a cui ne faranno seguito altri, per altri registi, dove recita sempre convinto che l’attore debba capire “cosa il regista vuole raccontare attraverso il personaggio”. “Non mi piacciono gli attori che si identificano in un personaggio al punto di scomparire”, aggiunge. C’è tenpo poi anche per un ricordo e un rammarico: “Kieslovsky mi voleva come attore in ‘La doppia vita di Veronica’ e io accettai – ricorda – poi mi sono ammalato di tumore e non se n’è fatto più niente”.
Moretti produttore
“Trent’anni fa, con Angelo Barbagallo, producemmo i nostri primi due film – racconta Moretti – di due esordienti: ‘Notte italiana’ di Carlo Mazzacurati, che avevo conosciuto giocando a calcetto, e ‘Domani accadrà’ di Daniele Luchetti, che era stato mio assistente”. Da regista ad attore a produttore. Difficile immaginare un Moretti non direttamente coinvolto in un film da lui prodotto. “In realtà non sono come quei registi che diventano produttori per ‘sadizzare’ i registi meno noti. Niente sadismo - aggiunge – né la volontà, come spesso accade, di produrre un sottoprodotto della mia filmografia o di realizzare un film per poter dire: ‘vedete, io ci ho provato… purtroppo non c’è ricambio’”. Moretti invece dichiara di aver fatto questa scelta per “lavorare con persone con cui sto bene e per restituire un po’ della fortuna che ho avuto io”. Nessun intervento sul set, poi, ma certamente una richiesta di partecipare in fase di scrittura, di casting e di montaggio e di farlo, comunque, “sempre con spirito da spettatore e non da regista”.
In giuria a Cannes
Interessante la arte del Moretti giurato. “A Cannes, nel 1997, sono riuscito a convincere i miei colleghi a premiare Kiarostami: all’inizio eravamo 9 contro uno. Alla fine siamo stati 5 a 5 con un ex aequo (‘Il sapore della ciliegia’ di Kiarostami e ‘L’anguilla’ di Imamura, ndr) – ricorda – li ho costretti a discutere per due ore e alla fine erano stressatissimi”. Su Cannes, dove Moretti è di casa avendo vinto per la miglior regia di ‘Caro diario’ e la palma d’oro con ‘La stanza del figlio’, l’attore e regista romano regala delle chicche. “Non esce mai nulla dalla giuria. Anche perché, come è accaduto a me, coloro che devono decidere i premi vengono chiusi in una casa isolata e circondata dalla polizia, senza cellulari. Una sorta di reclusione dei giurati”.
Poi ricorda quando ha vinto. “Non ti dicono nulla prima, quindi io sono tornato entrambe le volte a Roma. Poi ti chiamano e non ti dicono nulla, solo che devi tornare a Cannes per ritirare un premio”. Così è accaduto nel 2001 con ‘La stanza del figlio’. “Tornai a Cannes – ricorda – e durante la cerimonia uscii fuori a prendere aria. Incontrai David Lynch che mi ha guardato e mi ha detto: ‘Nanni, io ti ammazzerò!’. Se me lo avesse detto un altro mi sarei messo a ridere – racconta ancor – ma essendo David Lynch… un po’ mi sono preoccupato”.
La rivelazione: ho avuto un altro tumore
Il colpo di scena Nanni Moretti se lo riserva per il finale. Nel film che ha scritto e interpretato, come i grandi registi, è partito proprio dall’ultima scena per costruire il racconto. Mostra un cortometraggio di 8 minuti da titolo ‘Autobiografia dell’uomo mascherato’. Un video in cui gira per Roma (lungotevere, Auditorium parco della musica, Nuovo Sacher) indossando una rete che lo fascia fino a mezzo busto. Le immagini scorrono e Moretti commenta le varie scene. Nell’ultima si vede l’attore sdraiato a cui montano la struttura. “Sorpresa! Non ve l’avevate capito chi c’era sotto, vero?”, dice al pubblico dell’Auditorium. Ma la scena clou è quella successiva. Sdraiato su un letto mobile, con la rete-maschera, viene introdotto sotto un macchinario di radioterapia. “Dopo vent’anni, in un’altra parte, è tornato il tumore – dice Moretti – e questa è una delle tante sedute di radioterapia a cui mi sono sottoposto”. Quell’immagine, di qualche tempo fa (oggi Moretti sta bene), ricorda ‘Caro diario’ e, forse, e’ stata girata proprio pensando di tornare dopo 24 anni a fare un film del genere.