È trascorso un anno dalla registrazione di Strimvelis, la terapia genica che consente ai bambini “nella bolla” di acquisire un sistema immunitario funzionante e liberarsi dall’immunodeficienza con la quale erano nati a causa del deficit dell’enzima adenosina-deaminasi.
L’ultima bimba, trattata pochi mesi fa, è stata la seconda paziente al mondo a ricevere un trattamento di terapia genica come farmaco, cioè come opzione accessibile al di fuori di un contesto sperimentale.
E proprio Strimvelis è una delle ultime tappe rappresentate nello striscione esposto all’ultimo congresso della società americana di terapia genica e cellulare (ASGCT) per celebrare vent’anni dalla fondazione della società.
Ho recuperato una fotografia del banner scattata al meeting di Washington da alcuni ricercatori dell’istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, dove è stata svolta tutta la ricerca che ha portato allo sviluppo di Strimvelis.
In un editoriale pubblicato dalla rivista Molecular Therapy, la presidentessa di ASGCT, Cynthia Dunbar, parla della nascita della società all’inizio del 1996, proprio quando, dopo alcuni studi clinici che avevano dato risultati abbastanza deludenti in termini di efficacia, la comunità scientifica si rese conto che non sarebbe stato così semplice tradurre le promesse della terapia genica in cure accessibili ai pazienti.
Era appena stata pubblicata la relazione di un comitato di esperti incaricati dal governo statunitense di esaminare lo stato dell’arte della terapia genica e fornire indicazioni su come indirizzare i futuri investimenti nel campo.
Le conclusioni non erano particolarmente incoraggianti: in sintesi, si sarebbe dovuto lavorare ancora molto per comprendere meglio i meccanismi del trasferimento genico, per acquisire una maggiore conoscenza delle patologie che si intendevano curare con questo approccio e per arrivare a una migliore progettazione degli studi clinici.
E intorno alle medesime sfide si sono sostanzialmente orientate, negli stessi anni, le strategie applicate da Fondazione Telethon per lo sviluppo di SR-Tiget. Anche nel nostro caso a indirizzare il lavoro sono state le indicazioni fornite periodicamente da esperti internazionali che valutavano il progresso della ricerca prodotta dall’istituto.
A testimonianza di questo, alcuni passaggi importanti nella storia dell’istituto coincidono con snodi cruciali nella storia della terapia genica mondiale rappresentata dallo striscione esposto a Washington.
Strimvelis è naturalmente tra i principali traguardi, ma SR-Tiget c’è anche all’inizio del percorso con i primi successi della terapia genica su pazienti Ada-Scid realizzati da Claudio Bordignon e dal suo team. Inoltre, una delle tappe fondamentali è rappresentata dalla messa a punto dei vettori lentivirali ad opera di Luigi Naldini, attuale direttore dell’istituto e reclutato per lavorare a Milano poco dopo quella cruciale scoperta.
E sempre in occasione dello stesso congresso, Maria Grazia Roncarolo è stata insignita del premio “Outstanding Achievement Award” in riconoscimento del fatto che la ricerca che lei e il suo team hanno portato avanti presso SR-Tiget sui meccanismi dell’immunotolleranza è stata fondamentale per sviluppare la terapia genica delle immunodeficienze.
Strimvelis è una delle tre terapie avanzate sviluppate in Italia sulle sei totali registrate finora in Europa.
Tutte e tre sono nate spontaneamente, come spesso accade, grazie all’attività indipendente di ricercatori e al sostegno di alcuni enti finanziatori.
Possiamo, quindi, affermare che nessuno dei tre casi sia il risultato di politiche di ricerca nazionali mirate, in quegli anni, a puntare sullo sviluppo del settore terapie avanzate.
Non è tardi, tuttavia, per riconoscere il valore strategico della ricerca italiana in questo ambito e realizzare azioni efficaci per capitalizzare sul vantaggio del nostro paese.
Credo che i percorsi sperimentati finora possano fornire interessanti insegnamenti in questo senso.