Le grandi prospettive del vaccino italiano anti-Aids

Se i risultati di questo studio clinico curato dalla professoressa Ensoli saranno confermati, la lotta (per via terapeutica) all'infezione da Hiv-1 segnerà un progresso forse decisivo

Le grandi prospettive del vaccino italiano anti-Aids 
AGF
Barbara Ensoli

Dall’Istituto Superiore di Sanità l’annuncio dei risultati di uno studio clinico di efficacia del vaccino terapeutico italiano contro l'infezione da HIV-1. Lo studio, coordinato dalla professoressa Barbara Ensoli, voleva verificare la persistenza dell'efficacia dell'immunizzazione (presenza di anticorpi) conseguente alla somministrazione del vaccino basato sulla proteina virale Tat. Si tratta di una proteina che HIV-1 utilizza per promuovere la sua replicazione nelle cellule infette, ma che numerosi studi suggerivano essere in grado di indurre una risposta immunitaria in grado di combattere l’infezione.

La sperimentazione del vaccino anti-Tat dell’ISS promossa dalla professoressa Ensoli è iniziata nel 1998 ed è progredita attraverso la Fase clinica 1 e una prima Fase 2. Questo studio rappresenta il follow-up della Fase 2, necessario per poter valutare l'opportunità di proseguire la sperimentazione, sempre estremamente costosa, alla terza e ultima fase di valutazione clinica. I risultati che saranno pubblicati oggi sulla rivista Frontiers in Immunology, a detta degli autori sono promettenti. 92 pazienti volontari infetti da HIV-1 e sottoposti a terapia farmacologica, erano stati vaccinati con il preparato basato su Tat otto anni fa.

Lo studio odierno dimostra che la vaccinazione ha consentito il mantenimento di anticorpi anti-Tat per tutti questi anni nel 37% dei pazienti. Inoltre si è evidenziato un aumento dei linfociti T CD4 (le cellule la cui distruzione da parte del virus causa l'AIDS) e una riduzione del virus latente, ovvero quello che rimane nascosto in maniera permanente all'interno delle cellule infette per tutta la vita dell'ospite e che la terapia farmacologia da sola non riesce ad eliminare.

Lo studio riguardava solo soggetti vaccinati e non comprendeva il confronto diretto con un gruppo di pazienti sottoposti solo a terapia, ma gli autori riportano che in confronto a studi simili effettuati in pazienti non vaccinati, la riduzione del virus latente era molto più rapida nei soggetti che avevano ricevuto il vaccino.

È importante distinguere tra vaccino preventivo e vaccino terapeutico. Il primo corrisponde all'idea che comunemente abbiamo di un vaccino: un preparato che somministrato ad un soggetto sano impedisce l'infezione (o ne riduce molto il rischio) da parte dell'agente patogeno virale o batterico contro cui il vaccino è diretto. Tipici esempi sono i vaccini contro l'influenza, morbillo, parotite, rosolia, etc. Il vaccino terapeutico non previene l'infezione, ma è in grado di stimolare il sistema immunitario della persona già infetta a reagire con più forza, potenziando e, in prospettiva, eventualmente rimpiazzando, la terapia farmacologica.

La speranza dei ricercatori dell'ISS per il loro vaccino anti-Tat è proprio questa: consentire ai pazienti vaccinati di controllare l'infezione per tutta la vita senza bisogno di farmaci. Per capire se questo è possibile, il prossimo passo sarà quello di verificare se la vaccinazione da sola è in grado di bloccare la replicazione del virus, una volta che la terapia farmacologica viene interrotta. La cosa non è scontata. Un vaccino terapeutico americano, sempre basato su Tat, in uno studio clinico (TUTI-16) completato nel 2012 non si era mostrato in grado di controllare l'infezione dopo interruzione della terapia. Anche per il vaccino italiano saranno necessari studi su di un numero ampio di pazienti, con relativi gruppi di controllo, per confermare o scartare questa ipotesi.

Il vaccino anti-Tat dell'ISS in passato ha avuto gli onori della cronaca anche per polemiche che lo hanno accompagnato, dai finanziamenti milionari alla sua storia brevettuale. Ma a noi interessa la scienza e la scienza, alla fine, si giudica dai risultati. E quindi la speranza è che, alla fine, sia sempre la buona scienza a vincere e siano i dati a parlare. Se i risultati di questo studio saranno confermati, potrebbero portare ad un nuovo strumento efficace per la lotta all'AIDS. Per questo vaccino la strada non sarà sicuramente breve, ma nella scienza non ci sono scorciatoie. Per fortuna.



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