La terapia genica approvata qualche giorno fa dalla Food and Drug Administration per la cura del linfoma non-Hodgkin (chiamata 'Yescarta' e prodotta dalla Kite Pharma) rientra nell’ambito delle terapie immunocellulari, nello specifico dell’immunoterapia cellulare adottiva. Nel nostro organismo, ogni linfocita T è specifico per un antigene e proprio grazie alla specificità di riconoscimento, queste cellule del sistema immunitario possono colpire in modo selettivo antigeni di virus o funghi preservando e difendendo il corpo da numerose malattie. La specificità di riconoscimento è conferita da TCR – recettore dei linfociti T – una molecola presente sulla superficie cellulare del linfocita.
Immunoterapia cellulare adottiva
La procedura alla base della immunoterapia cellulare adottiva è quella di produrre linfociti T chimerici cioè linfociti ingegnerizzati in laboratorio in modo da rispondere in maniera più efficace contro il tumore, una volta re-infusi nell’organismo. In pratica i linfociti T (cellule del sistema immunitario) vengono prelevati dai pazienti e, utilizzando un virus inattivato, viene inserito nel Dna delle cellule un gene che codifica per un recettore detto CAR (Chimeric Antigen Receptor), specifico per l’antigene della cellula tumorale (nel caso di leucemia il CD19). In questo modo, i linfociti diventano dei veri e propri killer antitumorali. I linfociti così ottenuti vengono poi re-infusi nel paziente che diventa lui stesso, in un certo senso, in grado di uccidere il tumore.
Riprogrammare le cellule
Grazie a questo tipo di terapie si ha la possibilità di riprogrammare le cellule del paziente perché diventino capaci di uccidere il cancro. In altre parole, si ha la possibilità di trasformare le cellule dei pazienti in una sorta di “farmaco vitale”, insegnando loro a riconoscere le cellule tumorali e ad attaccarle per distruggerle. In pratica è lo stesso sistema immunitario di un individuo che viene in parte modificato per fare i conti con il tumore. Tuttavia, questa terapia presenta due importanti punti critici.
- In primis, costi elevatissimi (trattamento, che consiste in singola re-infusione dei linfociti modificati si aggira sui 400 mila dollari).
- Poi ci sono gli effetti collaterali che possono andare dai sintomi influenzali alla sindrome da rilascio di citochine, che può avere anche conseguenze fatali.
Da qui l’indicazione della Food and Drug Administration: «I centri che somministrano la terapia devono essere certificati e la somministrazione deve essere preceduta da un’attenta valutazione dei rischi».
La platea delle neoplasie aggredibili
Ciò non toglie che immunoterapia cellulare adottiva è un approccio molto innovativo. “Per adesso i risultati riguardano i tumori ematologici, ma l’auspicio è quello di poter presto allargare la platea delle neoplasie aggredibili in questo modo”, come ha detto Carl June, direttore dell’unità di ricerca traslazionale dell’università della Pennsylvania e pioniere del nuovo trattamento. Per applicazione sui tumori solidi la difficoltà è che le cellule di questi tumori presentano molti e diversi antigeni ed è raro che si possa individuare un antigene presente in tutte le cellule del tumore, e quindi adatto all’applicazione di questa terapia.
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