No, il trapianto di testa non si può fare

Sergio Canavero avrebbe realizzato il primo trapianto su cadavere. Ma non c’è uno straccio di evidenza scientifica che l'intervento possa riuscire anche su un uomo vivo

No, il trapianto di testa non si può fare
 Afp
 Frenkestein junior
 

Ci risiamo. Puntuale come da un paio di anni a questa parte torna di moda la notizia del trapianto di testa. Questa volta però è grossa: il chirurgo italiano Sergio Canavero avrebbe realizzato il primo trapianto su cadavere. Un’operazione avvenuta con successo che rappresenta l’anticamera dell’imminente trapianto su di un essere umano vivo e vegeto. Piccolo particolare: non c’è uno straccio di evidenza scientifica che tutto ciò possa avere successo. L’ennesima “sparata” simile a Frankenstein Junior di Mel Brooks. Ma andiamo con ordine.

Nel febbraio 2015 Sergio Canavero annuncia al mondo che nel giro di due anni avrebbe realizzato il primo trapianto di testa (o di corpo, tecnicamente sarebbe corretta questa definizione…) nell’uomo. Mentre il tempo sta per scadere –ma poco importa- in questi tre anni ha annunciato nell’ordine: trapianto di testa su ratto avvenuto con successo e trapianto di testa su scimmia con il medesimo risultato.

No, il trapianto di testa non si può fare
 Afp
 Sergio Canavero

Un concetto, quello di successo, non del tutto chiaro. Sgombriamo il campo dagli equivoci. I primi due esperimenti ci sono stati eccome. Il primo, quello che ha coinvolto i topi, è stato pubblicato anche su di una rivista scientifica. C’è un però. L’esperimento, realizzato da Canavero insieme al collega cinese Xiao-Ping Ren, tutto dimostra eccetto il successo della procedura. Lo studio in questione infatti mostra che è possibile recidere una testa e impiantarla sul corpo di un topo (anch’esso con la sua testa originale, dunque il risultato finale è un animale con due teste) mantenendo in vita per poco tempo la testa trapiantata.  Nel caso della scimmia invece è stato eseguito un vero e proprio trapianto. Risultato? Coma irreversibile e distacco delle macchine dopo 20 ore per “ragioni etiche”.

Eleganti esperimenti che non dimostrano però nulla in quanto non tengono conto del problema principale legato a questo tipo di procedura, ovvero riparare il midollo spinale, quel fascio di neuroni che dal cervello porta a tutte le parti del corpo. Da anni la medicina rigenerativa è al lavoro per cercare di riparare le lesioni del midollo. Al momento, eccetto qualche timido successo su particolari lesioni parziali ottenuto mediante l’utilizzo di staminali, unire due porzioni di midollo resta una missione impossibile. Canavero liquida il problema con una spiegazione che di scientifico ha ben poco e lo fa – vedere il suo Ted Talk per credere - con una banana. Sì, perché per il neurochirurgo la banana mima il midollo spinale. Secondo Canavero tagliando di netto il tutto non crea quei danni tipici delle lesioni del midollo. Non solo, così facendo è molto più semplice collegare il midollo del donatore con la testa della persona. Per farlo il neurochirurgo utilizzerebbe glicole polietilenico.

Negli esperimenti citati - ratto e scimmia - nulla di tutto ciò è stato valutato. Su quest’ultimo non è dato sapere. Un po’ poco per affermare che siamo ad un passo dal primo trapianto di testa. Al momento l’unica certezza si fonda su di una banana tranciata a metà. Andate a spiegarlo ai diversi volontari che si sono resi disponibili a sottoporsi all’intervento. Per tutti gli altri c’è la scienza, quella vera, che cerca con fatica di riportare a camminare chi ha subito lesioni al midollo.



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