Perché le foreste servono al Pianeta

Nel corso della storia il rapporto fra uomo e foreste è stato, e lo è tuttora, problematico. A volte può essere paradossale, ma ininterrotto e mutualmente necessario. Ed è proprio questo rapporto che negli ultimi secoli ha incontrato la crisi più profonda.
Le origini della crisi
La deforestazione - Ovvero l’eccessivo, e nella maggior parte dei casi illegale, sfruttamento delle foreste. Nell’era della logica e della razionalità la deforestazione è senza dubbio una tra le azioni più irrazionali che l’uomo può compiere e sta compiendo. Il ruolo delle foreste sul nostro pianeta può ben essere riassunto nel famoso detto “le foreste possono vivere senza l’uomo, ma è l’uomo che non può vivere senza le foreste”.
L’eliminazione su vasta scala di un soprassuolo boschivo, a prescindere dalla sua motivazione (motivi commerciali, per la coltivazione, per la costruzione di opere e infrastrutture, attività industriali o commerciali di vario tipo) è comunque un atto criminale. Questo è un dato di fatto riconosciuto a livello internazionale, sia dai paesi sviluppati quanto da quelli in via di sviluppo. Per i suoi effetti la deforestazione è un atto criminale non solo nei confronti della natura, ma soprattutto nei confronti dell’umanità intera.
La deforestazione non è selvicoltura
Bisogna stare attenti a non confondere, cosa che oggi nell’era digitale della sintesi accade troppo facilmente, la deforestazione con l’utilizzazione selvicolturale delle foreste. La selvicoltura, finalizzata sempre e comunque alla rigenerazione e alla conservazione dell’ambiente, come l’agricoltura nasce con l’uomo e con la necessità di soddisfare i suoi bisogni primari di individuo e di comunità nel tempo. Il concetto di sostenibilità per l’utilizzo delle risorse forestali è molto antico, molto più antico del rapporto Brundtland (Our Common Future) del 1987. È un concetto che per migliaia di anni ha accompagnato l’uomo nel suo percorso evolutivo, almeno fino a quando l' economia è cambiata, passando da quella agrosilvopastorale a quella "industriale” e del consumo non più in relazione ai tempi biologici.
Leggi anche: In Amazzonia è ricominciata la deforestazione
Le foreste e la storia
Nei secoli una gestione non sostenibile dei boschi, ciò una loro utilizzazione eccessiva e irrazionale, poteva significare la scomparsa di una civiltà. Senza andare troppo lontano, i boschi d’Italia hanno conosciuto negli ultimi 7.000 anni, uomini, civiltà e popoli, governi, invasioni, guerre e rivoluzioni. Hanno subito tutto questo e a tutto questo sono anche sopravvissuti adattandosi. L’utilizzo e la gestione che Sabini, Ramni, Etruschi e Romani, Visigoti, Franchi, Principati, Comuni e Repubbliche marinare, regni e regimi hanno lasciato un segno profondo sui nostri boschi che pochi conoscono o vogliono riconoscere. Si tratta di azioni che hanno non solo definito e modellato il paesaggio che oggi conosciamo, ma che hanno costruito cultura, garantito benessere per le popolazioni locali e tutelato il patrimonio naturale che oggi vogliamo tutelare e conservare a tutti i costi.
Cosa succede in Italia
L’attuale paesaggio forestale italiano è il risultato di profonde trasformazioni territoriali e socio-economiche avvenute nei secoli, al fine di ottenere principalmente superfici utilizzabili come aree agricole e/o urbanizzate, legno per l’edilizia, la navigazione, le guerre. Le attività selvicolturali, hanno fortemente modellato e modificato la struttura, la composizione, la complessità e la diversità degli ecosistemi forestali, proponendo oggi, anche, nuovi e stabili equilibri ecologici. Per secoli i boschi Italiani hanno rappresentato una fondamentale risorsa economica non solo per le aree rurali e montane, ma anche per lo sviluppo socio economico del nostro Paese. È solo da poco più di 200 anni che il legno non rappresenta più il principale strumento energetico e strutturale dell’economia locale, regionale e nazionale.
Foreste italiane quadruplicate negli ultimi 60 anni
Analizzando i risultati disponibili dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio – INFC (Inventario Forestale Nazionale Italiano), la superficie forestale italiana è stimata in 10.673.589 ettari, pari al 34,7 per cento del territorio nazionale. Negli ultimi sessanta anni si stima che la superficie forestale nazionale si sia triplicata, a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate nelle quali si registra una lenta e progressiva espansione naturale del bosco.
Dovremmo essere felici di sapere che i boschi italiani si espandono e crescono al ritmo di circa 60mila ettari all’anno. In realtà questo rimboschimento di aree agricole abbandonate e la sempre più ridotta gestione selvicolturale dei boschi sta comportando dei seri problemi, in particolare di assetto idrogeologico e stabilità del territorio. Si assiste, infatti, a un progressivo intensificarsi dei fenomeni di dissesto e instabilità dei versanti (su 712.000 frane censite in Europa nel 2012, 486.000 ricadono nel territorio italiano e di cui oltre l’80 per cento è localizzato nei territori montani), accompagnato da frequenti quanto repentini cambiamenti delle condizioni climatiche, con gravi problemi di sicurezza, incolumità pubblica e di tutela e mantenimento degli equilibri ecologici.
I boschi abbandonati sono una minaccia per la sicurezza
Per il contesto storico ed ecologico del territorio nazionale la sicurezza e la stabilità del territorio è attualmente minacciata proprio dalla mancanza di una gestione dei beni fondiari, in primis delle foreste. Il bosco in un contesto storicamente antropizzato può trovare nella attivà e nella gestione sostenibile (in contrapposizione all’abbandono delle attività colturali) uno degli strumenti fondamentali per la tutela e valorizzazione, nell’interesse dell’individuo e della collettività, garantendo la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema paese.Con ciò non si vuole incitare ad un incremento irrazionale dei tagli e delle utilizzazioni nazionali, bensì essere consapevoli del contesto globale in cui viviamo ed sapersi assumere le proprie responsabilità.
Il legname è la teza voce di importazione
La terza voce di importazione del bilancio nazionale, dopo energia e prodotti agricoli è proprio legna e legname. Legna da usare a fini energetici e legname per usi infrastrutturali, per l’industria del mobile e della carta. Legna e legname che nella maggior parte dei casi risulta di provenienza illegale, frutto di deforestazioni in paesi lontani e di sfruttamento illegale di uomini e donne. Bisogna essere consapevoli che nella maggior parte dei casi ciò che mangiamo viene da superfici agricole o pascolive di qualche angolo lontano del mondo, nella maggior parte dei casi ottenute da una deforestazione illegale. Bisogna essere consapevoli che in Italia gestire e utilizzare un bosco secondo le normative vigenti, non significa disboscare, ma produrre beni e servizi secondo i criteri internazionali della sostenibilità. Bisogna essere consapevoli delle scelte e posizioni di ogni giorno e delle ripercussioni che queste hanno e possono avere. Bisogna essere consapevoli che, come diceva mia nonna, “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”.
Alla ricerca del giusto equilibrio tra sviluppo economico e ambiente
Oggi viene sempre più richiesto, troppo spesso in modo categorico, di riscoprire e mettere in pratica un giusto equilibrio tra sviluppo economico e salvaguardia dell’ambiente. Una richiesta difficile da esaudirsi se si continua a basare su presupposti ideologici e spesso ipocriti. Un equilibrio è un compromesso, che si deve fondare su un rispettoso e reciproco rapporto uomo-ambiente e concretizzarsi nella concreta convivenza tra aspetti ambientali, produttivi e sociali.
Per approfondire:
- Storie di chi salva le foreste del Borneo
- Laghi, foreste e l’aria più pura del mondo. Corsa al tempio della natura di Helsinki
- La distruzione dei boschi in Africa ha favorito il rischio Ebola