L'uomo di oggi vive in appagata simbiosi con la plastica che è fuori e dentro di lui. Un merito l’ha avuto, senza dubbio, l’imperante sviluppo del packaging alimentare che, sempre più, preferisce i suadenti vantaggi offerti dal mondo della plastica. Come spesso accade, crediamo di conoscere ciò che è molto vicino a noi da anni, ritenendolo innocuo nonostante la prova contraria. Mai realtà fu così vera, come in questo caso, grazie alla crescente diffidenza verso la verità scientifica.
Nel 1891, il dott. Aleksandr P. Dianin, un brillante chimico russo, sintetizzò il Bisfenolo A (BPA), combinando il fenolo e l’acetone. A quel tempo, nessuno avrebbe mai immaginato che l’anonimo BPA sarebbe diventato uno dei monomeri principali per la sintesi del policarbonato, una resina trasparente e dura con cui si producono tutte le plastiche di uso alimentare, e non solo. Ogni anno, si sintetizzano 2-3 milioni di tonnellate di BPA, di cui più di 100 tonnellate si liberano nella nostra atmosfera e nell’acqua, a causa dell’instabilità di legame tra le molecole di BPA.
Le plastiche contenenti BPA hanno grandi vantaggi: sono più dure, resistenti agli urti, al calore, e ai campi energetici dei comodi forni a microonde. Per questo, hanno favorito la rapida crescita di un’industria virtuosa dedicata alla produzione di materiali più economici e resistenti del vetro, del legno e dell’alluminio. Un florido comparto industriale che prevede di superare i 20 miliardi di dollari entro il 2020 (Greiner E, Kaelin T, Toki G, Bisphenol A. Chemical Economics Handbook. Menlo Park, CA: SRI Consulting; 2004).
Sin dal 1950, il BPA serve a produrre le resine epossidiche, utilizzate non solo per rivestire le superfici interne delle lattine d’uso alimentare, ma anche per creare occhiali alla moda, computer, cellulari, protesi biomediche e resistenti otturazioni dentarie, stoviglie e giocattoli. Oggi, il nuovo composto chimico d’origine russa parla tutte le lingue del mondo grazie alla sua versatilità, nonostante qualcuno avesse dubitato della sua certificata sicurezza. E’ il 1936 quando Sir Edward Charles Dodds, un biochimico britannico dell’Università di Londra, pubblica l’evidenza che il BPA mima l’azione degli estrogeni (Nature. 1936;137(3476):996), ormoni importanti per lo sviluppo cerebrale fetale oltre che per la funzione degli apparati riproduttori, della prostata e della mammella.
BPA pericoloso interferente endocrino
Lo studio condotto sui roditori si è poi confermato in decennali studi ripetuti sull’uomo, come spesso accade. Grazie alla ricerca, il BPA si guadagna un posto tra i pericolosi interferenti endocrini ovvero sostanze in grado di agire come artificiali vicari degli ormoni naturali, ma anche come agenti tossici, in quanto a dosi elevate e/o a tempi prolungati di esposizione a piccole dosi spengono o alterano la sintesi endogena dei nostri ormoni fino a favorire l’insorgenza di disfunzioni, come la sterilità, e aumentare la predisposizione a contrarre obesità, diabete e tumori (Am J Public Health. 2009 November; 99(Suppl 3): S559–S566.). Il BPA non è stato mai usato come farmaco solo perché il Dott. Dodds riuscì a sintetizzare un interferente endocrino più potente, il dietilstilbestrolo, al fine di prevenire nascite precoci e aborti spontanei (Biogr Mem Fellows R Soc. 1975;21:227–267), poi vietato all’uso nel 1971 perché cancerogeno (N Engl J Med. 1971;284(15):878–881). Ma questa è un’altra storia.
L’inarrestabile personalizzazione delle tecnologie e l’alta velocità del nostro vivere in economia, oltre che in movimento, hanno contribuito a rendere indispensabile il BPA per soddisfare ogni richiesta: biberon e ciucci facilmente sterilizzabili al calore, più resistenti ed economici; ergonomiche bottiglie di plastica dedicate ad acque minerali, olio, aceto, vino o succhi di frutta, olii minerali; resistenti imballaggi primari di alimenti; inchiostri per stampanti. Il BPA riveste le carte termiche, come quelle di scontrini fiscali, volantini, biglietti di mezzi di trasporto o della lotteria, oltre che trovarsi in tovaglioli, fazzoletti e piatti di carta, sin nella carta igienica (Environ Sci Technol. 2011 Nov 1;45(21):9372-9). Ma anche nella carta riciclata c’è BPA, considerando che il 30% circa della carta termica viene riciclata. Il BPA viola la nostra privacy da anni, a nostra insaputa. Non ultima la polvere all’interno delle nostre case che contiene BPA sotto forma di COV (composti organici volatili), da aspirarsi ogni settimana con filtri HEPA.
Nel 2014, un gruppo di studiosi statunitensi guidati da una donna, la Dott.ssa Shelley Ehrlich, pubblica sulla prestigiosa rivista medica JAMA l’ evidenza che il BPA viene assorbito rapidamente dalla cute. Dopo solo 2 ore dall’aver toccato a lungo uno scontrino fiscale a mani nude, i livelli nelle urine di BPA aumentano di ben 4 volte, oltre ad accumularsi nel tessuto adiposo (Reprod toxicol 2007; 24: 259-64).
Solo nel 2016, il Parlamento Europeo vieta i materiali a base di BPA per uso alimentare, con un provvedimento adottato ai voti (346 voti a favore e 239 contrari). Tutto ciò accade con un po’ di ritardo dalla decisione del 2012 della Francia di bandire l’uso del BPA, nonostante PlasticsEurope (portavoce ufficiale dei produttori europei di materie plastiche) avesse dichiarato le alternative al BPA molto meno efficienti e la decisione del governo francese irrealistica; ma anche dopo che l’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza degli alimenti, avesse ridotto la Diffusive Gradient in Thin Films (un indice di diffusione del materiale chimico all’organismo umano) per il BPA da 50 a 4 µg/kg di peso corporeo/giorno, dopo ripetute verifiche. Meglio tardi che mai.
Nel gennaio 2017, il BPA viene iscritto nella lista nera delle sostanze estremamente preoccupanti (SVHC) per la salute e l’ambiente stilata dall’Echa (il comitato degli Stati membri dell’Autorità Unione Europea per le sostanze chimiche). La decisione comunitaria è presa su richiesta di Francia, Germania, Svezia e Austria a seguito alla riclassificazione del BPA come tossico per la riproduzione di categoria 1B (9° adeguamento CLP al progresso tecnico, Reg. EU 2016/1179). Che cosa è cambiato? L’uso industriale del BPA richiede un’autorizzazione speciale e sarà senza obblighi per le imprese, la filiera e i consumatori, se la sua concentrazione non supererà lo 0,1% in peso. Infine, gli importatori extra-UE hanno avuto 6 mesi di tempo dalla data di inserimento nella lista (12 gennaio 2017) per notificare all’Echa la presenza di BPA nei loro prodotti, pena gravi sanzioni e sequestro dei prodotti.
Secondo il recente rapporto statunitense dell’autorevole Toxic Food Cans il BPA è ancora presente a dosi preoccupanti nei rivestimenti interni dei barattoli di due terzi dei 192 alimenti in scatola analizzati. Ad oggi, l’unica alternativa sembrerebbe essere quella di selezionare gli alimenti che sono conservati in barattoli di vetro o in tetrapak, notoriamente privi di BPA. Che cosa fare?
Il significato dei numeri della plastica
- Numero 1 - Questo numero (sigla del PET, Polietilentereftalato) indica una plastica sicura purché non sia riutilizzata o esposta al sole o al calore.
- Numero 2 - Questo numero (sigla del HDPE, Polietilene ad alta densità) indica una plastica poco pericolosa
- Numero 3 - Questo numero indica una plastica da evitare: è la sigla del PVC (cloruro di polivinile).
- Numero 4 - Questo numero (sigla del LDPE, polietilene a bassa densità) indica una plastica poco pericolosa
- Numero 5 - anche questo numero (sigla del PP, Polipropilene), tipico delle plastiche con cui si conservano alcune salse, indica un composto meno pericoloso.
- Numero 7 - Evitare tutti i contenitori alimentari di plastica che presentano il numero 7 nel triangolo stampato sull’etichetta o sulla plastica, perché contengono BPA.
In attesa di soluzioni politically correct, l’industria chimica della plastica ha subito proposto il brand BPA-free a base di Bisfenolo S o di quello F, i quali però causano effetti sulla salute sovrapponibili a quelli del loro famoso progenitore.
Avanti il prossimo!