Nell’agosto scorso, una mia nota in questo blog dal titolo “La danza delle stelle ha forse trovato una spiegazione (un commensale affamato)” trattava, tra le altre, la questione relativa alla materia oscura, introducendo un’ipotesi suggestiva sulla presenza di una particella ipotetica ‒ chiamata assione ‒ che possa spiegarne l’esistenza.
Soprattutto dallo strano modo in cui ruotano le galassie, si è arrivati a concludere che la materia ordinaria che noi osserviamo nell’universo (compresi noi stessi), non è che una piccolissima parte
del tutto, un misero 4.9%. Il 26.8% sarebbe composto da materia che non è possibile rivelare con la strumentazione che abbiamo a disposizione ma di cui possiamo percepire gli effetti gravitazionali: in pratica, c’è ma non si vede, come il più mirabile dei trucchi di magia. Tutto il resto è permeato da un’energia anch’essa oscura, un’energia che sta peraltro accelerando l’espansione dello stesso universo.
È di qualche giorno la notizia che un particolare apparato chiamato ADMX (Axion Dark Matter Experiment), sviluppato per dare la caccia agli assioni, sembra aver raggiunto la condizione
operativa ottimale per dare inizio alla sua campagna di ricerca. Ne dà conto l’articolo di J. Clarke et al. “Search for Invisible Axion Dark Matter with the Axion Dark Matter Experiment”, pubblicato su
Physical Review Letters 120, 151301 (2018). Questo dispositivo dovrebbe essere in grado di rilevare in modo indiretto la presenza degli assioni, uno dei candidati più idonei a spiegare l’esistenza della materia oscura.
Innanzitutto, cosa sono gli assioni? Nella mia nota citata, raccontavo come questa particella, molto restìa ad avere interazioni con la materia ordinaria, sia stata ipotizzata per rendere conto di una certa violazione di simmetria, una simmetria che garantisce l’equivalenza della legge fisica quando si coniughi lo scambio delle particelle con le corrispondenti antiparticelle (carica, C) e l’inversione delle loro coordinate spaziali (un’inversione simile a quella che avviene nel riflesso all’interno di uno specchio), chiamata parità (P).
Gli assioni ipotizzati, oltre a interagire poco con la materia ordinaria, come si diceva, non sono dotati di carica e hanno una massa miliardi di volte più piccola di quella di un elettrone.
La verifica dell’esistenza di questa particella è legata alla possibilità di evidenziare la radiazione elettromagnetica nella regione delle microonde (cioè fotoni nell’interpretazione quantistica) in cui essa si sia trasformata ‒ grazie all’effetto di adeguati campi magnetici ‒ affinché tale radiazione possa essere poi rilevata con strumentazione appropriata.
Verso una delle più grandi scoperte del secolo?
Il rivelatore ADMX, grazie al suo cuore composto da un particolare amplificatore superconduttore delle dimensioni di un millimetro quadrato raffreddato a una temperatura molto vicina allo zero
assoluto (‒273°C) per abbassarne il rumore termico, permetterà, grazie alla presenza di intensi campi magnetici, di rilevare la presenza di questi fotoni derivati dalla trasformazione degli assioni
primari. Il sistema sviluppato potrà essere sintonizzato su un numero elevatissimo di frequenze al fine di poter registrare il segnale prodotto da quella trasformazione. Un segnale, come è facile
intuire, che ci si aspetta essere estremamente debole.
Si sta coagulando molto entusiasmo e molto ottimismo intorno a questa attività di ricerca, al punto che non sembrerebbe essere più in discussione il “come” ottenere il risultato ‒ che sarebbe davvero di straordinaria portata ‒ bensì soltanto il “quando”. Un altro esempio di come sia ormai indissolubile il legame tra la ricerca nell’infinitamente piccolo e quella nell’infinitamente grande. L’evidenza sperimentale intorno alla natura della sfuggente materia oscura scioglierebbe molti dubbi sulla struttura dell’universo e sulla sua evoluzione e corrisponderebbe a una delle più grandi scoperte scientifiche del secolo.