Il sogno di Prometeo
Costruito il primo magnete che abbraccerà il grande anello all’interno del quale dovrà accendersi il fuoco che produrrà energia dalla fusione nucleare di elementi leggeri (come l’idrogeno).

È di questi giorni la notizia della costruzione del primo magnete (di diciotto) che abbraccerà il grande anello - una “ciambella”, ovvero una struttura toroidale - all’interno del quale dovrà accendersi il fuoco che produrrà energia dalla fusione nucleare di elementi leggeri (come l’idrogeno).
Le due strade per ottenere energia nucleare
Sono infatti due le strade per mezzo delle quali si può ottenere l’energia nucleare: o tramite la frammentazione (fissione) di nuclei di elementi pesanti quali l’uranio o altrimenti fondendo tra loro nuclei di elementi leggeri, come i protoni degli atomi di idrogeno, per ottenere energia ed elementi più pesanti.
- La produzione di energia dalla fissione è considerata il risultato di una tecnologia matura perché essa raccoglie oltre sessanta anni di esperienza acquisita nella progettazione e nella fabbricazione industriale. Senza entrare nel merito delle problematiche di sicurezza associate a questo tipo di fonte energetica, occorre sottolineare che essa è in linea di principio semplice da ottenere.
- Ben diversa è la questione della fusione. Anch’essa sarebbe concettualmente semplice ma il suo trasferimento tecnologico pone alcuni problemi che sono ancora in via di soluzione. La prima difficoltà è unire insieme (fondere) i nuclei degli atomi di idrogeno, che sono particelle (protoni) portatrici di carica positiva. Si sa che oggetti aventi la stessa carica (come accade per i poli uguali di un magnete) tendono a respingersi a causa di questa forza elettromagnetica. Se si riuscisse ad avvicinarli a distanze veramente infinitesime, quella repulsione si trasformerebbe però in attrazione, con una forza che è oltre cento volte superiore a quella che li respingerebbe (forza nucleare). Occorre quindi spendere dell’energia per far sì che questo accada, magari scaldando il sistema affinché l’energia termica sia statisticamente sufficiente a garantire che una gran quantità di nuclei atomici leggeri possa vincere la repulsione reciproca, fondendo e quindi producendo energia. E’ chiaro che, perché il sistema risulti vantaggioso, il rapporto fra energia spesa per fondere e quella prodotta dalla fusione sia minore dell’unità. Ma quanto occorre scaldare la “pentola” affinché questo si verifichi? Oltre cento milioni di gradi!
Un problema essenzialmente tecnologico
Da qui si comprende che il problema della fusione nucleare è essenzialmente tecnologico. Nessun recipiente materiale potrebbe infatti contenere qualcosa che presenta una temperatura simile, esso vaporizzerebbe all’istante! Questo qualcosa deve rimanere lontano dalle pareti del contenitore, magari sospeso in esso.
Per ottenere tale risultato, si scalda innanzitutto un gas fino a strappare gli elettroni agli atomi che lo compongono, producendo contemporaneamente una corrente negativa (elettroni) e una positiva (i nuclei degli atomi che contengono protoni): è il fenomeno della ionizzazione. L’elemento così prodotto viene chiamato “plasma”. E dato che è essenzialmente costituito da cariche, esso è molto sensibile ai campi magnetici all’interno dei quali verrebbe a essere “sospeso” e quindi confinato (si parla quindi di reattori “a confinamento magnetico”).
Il cuore di un reattore a fusione
È dunque il plasma il cuore di un futuro reattore a fusione, come quello sperimentale che verrà costruito nel sud della Francia, a Cadarache. Ed è quindi motivata la necessità di avere magneti che possano produrre intensi campi per confinare il plasma all’interno del quale produrre fusione, campi magnetici generati da bobine che però non debbano dissipare energia. È per questo motivo che tali magneti dovranno essere superconduttori (in pratica, materiali nei quali la corrente possa fluire all’interno senza resistenza). La ciambella - il toro - sarà abbracciata da questi magneti, con la sezione a forma di una grande D, per confinare il plasma al suo interno e “cuocere” l’idrogeno affinché possa produrre elementi più pesanti e, allo stesso tempo, dotarci di una intensa fonte di energia.