Horizon Europe: ora è il momento di incidere sulle modalità di realizzazione
Carlos Moedas, Commissario EU per la ricerca e l’innovazione, ha illustrato pochi giorni fa le linee generali di impostazione del nuovo programma Horizon Europe che ha un budget previsionale di quasi 100 miliardi di euro per il settennato 2020-2027

Carlos Moedas, Commissario EU per la ricerca e l’innovazione, ha illustrato pochi giorni fa le linee generali di impostazione del nuovo programma Horizon Europe che ha un budget previsionale di quasi 100 miliardi di euro per il settennato 2020-2027. Investimento che potrebbe crescere ulteriormente perché il programma è aperto alla partecipazione, tramite accordi da definire, di paesi che non fanno parte dell’Unione europea: un candidato molto probabile è la Gran Bretagna post-Brexit.
Questi gli elementi principali di Horizon Europe
Il budget complessivo, 94.1 miliardi di euro, il maggior investimento in ricerca realizzato finora dall’Unione europea, vede una crescita del 22% rispetto al precedente Horizon 2020.
In linea con questo aumento, cresce anche la quantità di fondi dedicata al programma del Consiglio europeo delle ricerca (ERC) che mantiene una quota pari al 17% dell’investimento complessivo. Al programma Marie Curie per la mobilità dei ricercatori è allocato il 7% del budget complessivo, leggermente inferiore alla quota del 8% che aveva ricevuto da Horizon 2020.
Con una scelta che Moedas ha descritto come un cambiamento radicale nella modalità di sostegno all’innovazione, circa 10 miliardi di euro sono stati assegnati a una nuova agenzia di finanziamento, il Consiglio europeo per l’innovazione (EIC) che intende sostenere l’innovazione e promuovere la trasformazione delle tecnologie emergenti in prodotti e servizi, senza la suddivisione a priori dell’investimento in aree tematiche.
L’agenzia EIC selezionerà le proposte presentate da ricercatori e piccole imprese secondo un modello bottom-up simile a quello su cui si basa il programma ERC e applicherà anche un sistema chiamato di “blended finance” per il sostegno a imprese start-up: in poche parole, il finanziamento assegnato è in parte un grant a fondo perduto e in parte un prestito.
Le principali esigenze che hanno portato alla creazione del programma EIC risiedono nell’osservazione che le grandi iniziative top-down per il sostegno all’innovazione, realizzate nell’ambito di Horizon 2020, avrebbero, in base a quanto sostiene Moedas, prodotto solo piccoli avanzamenti e alla difficoltà del biotech europeo di far corrispondere a una grande vivacità creativa una efficace conquista del mercato che si traduca in nuovi posti di lavoro.
Le aree tematiche definite in questa fase corrispondono a cinque sfide globali: salute, società inclusiva e sicura, clima energia e mobilità, e alimentazione e risorse naturali.
Moedas ha parlato anche di “missioni” che toccheranno trasversalmente queste aree e andranno individuate con una modalità che possa ingaggiare la partecipazione dei cittadini e dei portatori d’interesse: il numero delle missioni è da definire e a ciascuna sarà assegnato un investimento tra i 5 e i 10 miliardi di euro.
Si apre ora una fase di negoziazione in cui hanno un ruolo determinante il Parlamento europeo e i singoli stati. Dal mondo accademico sono arrivate alcune critiche di spostamento del focus dalla ricerca di base a quella traslazionale, tema che sarà certamente al centro di grandi discussioni in questa fase.
In realtà, considerato l’aumento complessivo dell’investimento, il sostegno alla ricerca di base rimane considerevole con una crescita delle risorse a disposizione dei programmi ERC, il cui modello in particolare viene premiato, e Marie Curie.
Certamente esiste nell’opinione pubblica e tra i decisori politici la convinzione che un forte investimento in ricerca, e un conseguente aumento delle conoscenze, debba produrre miglioramenti della qualità della vita attraverso lo sviluppo concreto di prodotti utili. Da qui l’esigenza di un approccio più efficace per il sostegno all’innovazione.
Peraltro questo cambio di impostazione al livello comunitario dovrebbe, a mio avviso, incentivare i singoli stati a mettere in campo iniziative nazionali per dare un boost alla propria ricerca di base. Sulla carta, il programma EIC potrebbe fornire opportunità importanti anche per il biotech italiano che rappresenta un settore molto vivace, in particolare nell’ambito salute.
Questo a patto che, a differenza di quanto avvenuto con i programmi di sostegno all’innovazione sperimentati finora, la creazione di start-up non sia interpretata più che altro come un fine per accedere ai fondi pubblici. L’auspicio è che i processi di selezione applicati dall’agenzia permettano di intercettare e sostenere quelle imprese che nascono intorno a un’idea con un elevato potenziale di arrivare al mercato. Insomma imprese che, pur avendo insita nella propria natura un’alta probabilità di fallire, si basano su presupposti concreti e una visione a lungo termine.
Per il programma EIC, come per tutto il resto, l’impatto dipenderà da come si fanno le cose e la fase di negoziazione serve a decidere proprio questo. L’intervento dei singoli stati è cruciale.
Per quanto riguarda l’Italia, la nostra capacità di incidere su questa fase del processo sarà ancora una volta troppo limitata e questo riapre il tema annoso della mancanza di centri di competenza che, avvalendosi del supporto di team di esperti, permettano di fare emergere le istanze del paese, le aree che meritano di essere maggiormente potenziate e le attività strategiche perché di forte competitività sul piano internazionale.
Ciò riporta all’assenza di una sede, Agenzia della ricerca o comunque la si voglia chiamare, che sia depositaria dei dati e delle competenze necessarie alla valutazione dello stato di avanzamento della scienza nel nostro paese.
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