La notizia è apparsa qualche giorno fa sul noto periodico “Nature” (E. Gibney ‒ Physicists plan first antimatter road trip ‒ Nature, vol 554, 22 Feb 2018). Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta.
Gli isotopi
In queste pagine, abbiamo descritto molte volte la struttura di un atomo con i suoi protoni e con i suoi neutroni all’interno di un nucleo centrale e con la corte di elettroni orbitanti intorno ad esso. Abbiamo anche parlato della struttura interna sia dei protoni che dei neutroni, formata da particelle ancora più piccole chiamate quark. Nulla è stato ancora detto esplicitamente intorno agli isotopi.
Rispetto alla struttura nucleare di un certo elemento, composta da un dato numero di protoni e di neutroni (se presenti: l’idrogeno ha un solo protone), l’isotopo dell’elemento in oggetto conta uno o più neutroni in aggiunta, cosa che ne modifica quindi anche la massa. Esistono isotopi stabili e isotopi instabili: questi ultimi hanno una struttura tale per cui presentano un eccesso di energia che hanno “necessità” di liberare (decadimento). La via attraverso cui questo accade è la radioattività, con emissione di radiazione elettromagnetica o corpuscolare.
Ora può accadere che alcuni isotopi siano formati da nuclei talmente instabili da decadere in tempi davvero brevissimi, infinitesimi. Alcuni di questi sono anche talmente rari (in pratica, non dovrebbero esistere!) che non ci sarebbe alcun modo per studiarli. Per analizzare l’infinitamente piccolo si utilizzano gli acceleratori di particelle, come il collisore LHC del CERN che sfrutta gli urti ad altissima energia fra protoni per indagare i misteri più profondi della materia. Ma cosa si può utilizzare per indagare nuclei atomici sfuggenti, fugaci come ombre?
L'antimateria
... l’antimateria! Di questa abbiamo già parlato in un precedente articolo. L’antimateria ha caratteristiche opposte a quella della materia, come ad esempio la carica. L’antielettrone, chiamato positrone, è portatore di carica positiva, opposta a quella dell’elettrone. L’antiprotone, rispetto al protone che ha carica positiva, è negativo. Esiste anche l’antineutrone. Ci si chiederà: e come fa a essere di “segno” opposto al neutrone, che è neutro? Più su abbiamo ricordato che protoni e neutroni sono costituiti da quark e dalle loro interazioni. I quark sono portatori di carica frazionaria la cui somma, nel neutrone, dà come risultato zero. Bene, negli antineutroni e negli antiprotoni, i quark vengono sostituiti dagli antiquark.
Nell’universo c’è una strana carenza di antimateria, come non dovrebbe essere. E questo è un altro dei grandi misteri da risolvere. In realtà è anche un bene, perché i “contatti” fra materia e antimateria sono davvero sconvolgenti: tutto ciò che entra in interazione si annichila producendo radiazione ad alta energia.
In laboratorio si può produrre antimateria con opportuni apparati sperimentali (ad esempio sparando i protoni contro un bersaglio metallico). Addirittura si possono ottenere antiatomi, come quello di anti‒idrogeno, che è il più semplice: un positrone che ruota intorno a un antiprotone. Ma è molto complesso mantenere “in vita” l’antimateria perché il contatto con la materia ordinaria produrrebbe il fenomeno dell’annichilazione reciproca. Si usano quindi “trappole” elettromagnetiche per far sì che le particelle siano innanzitutto nel vuoto, con una temperatura bassissima, paragonabile a quella che permea l’universo, lontane dalle pareti dei contenitori. Certo, è molto difficile stoccare questo particolare tipo di materia ma adesso, per il nuovo esperimento, è stato prodotto un miliardo di antiprotoni intrappolati in una specie di recipiente montato su furgone per coprire alcune centinaia di metri che separano il sito di ISOLDE, il laboratorio dove si svolgerà la prova annunciata (gli isotopi a breve vita non possono essere spostati, non ci sarebbe il tempo!). Una quantità di antiprotoni fino a cento volte superiore a quelli mai prodotti finora!
L’antimateria che è stata accumulata verrà infatti utilizzata come sonda per indagare i nuclei di questi isotopi rari in un esperimento denominato PUMA (antiProton Unstable Matter Annihilation), che si svolgerà al CERN. I nuclei degli isotopi saranno inviati in una bottiglia di una settantina di centimetri; a riceverli all’interno, ci saranno gli antiprotoni, pronti all’abbraccio mortale dell’annichilazione.
Dall’annichilazione protone–antiprotone (o anche neutrone–antiprotone) all’interno dei nuclei, si ricaveranno informazioni sulla modalità con cui varia la densità dei neutroni in prossimità del nucleo. Ad esempio, il nucleo di litio–11 (un oggetto che può esistere ‒ per una manciata di millisecondi ‒ solo in virtù delle strane leggi della meccanica quantistica!) è composto da tre protoni e otto neutroni (rispetto al litio naturale che conta tre protoni e quattro neutroni), due dei quali disposti in una sorta di alone nucleare. Questa sorta di “pelle” (proprietà esotica di alcuni isotopi) che riveste il nucleo fornirà nell’esperimento informazioni sulla variazione della popolazione nucleare nel rapporto fra il numero di protoni e quello dei neutroni, prima e dopo l’interazione.
Stelle di neutroni
Nelle stelle, le reazioni nucleari bilanciano la pressione gravitazionale che tenderebbe a comprimere l’astro, permettendo uno stato di equilibrio in cui esse bruciano l’idrogeno tramite la fusione nucleare e producendo elementi sempre più pesanti. In alcune di queste stelle, di opportuna massa e alla fine del proprio ciclo di vita, potrebbero innescarsi fenomeni parossistici tali da produrre l’esplosione dell’intero astro, derivati proprio dal collasso gravitazionale non più contrastato dalle reazioni nucleari ormai esaurite (fase di supernova). La conseguente implosione si fermerebbe su ciò che resta della stella morta: un nucleo compatto, dotato di una densità inimmaginabile, oltre cento milioni di tonnellate per centimetro cubo, confrontabile con la densità della materia nucleare all’interno di un nucleo atomico.
In effetti, la pressione gravitazionale costringerebbe ciò che resta della stella esplosa a subire reazioni nucleari nelle quali gli elettroni degli atomi interagirebbero con i protoni del nucleo per produrre neutroni (cattura elettronica). In definitiva, il nucleo della stella rimanente sarebbe composto esclusivamente da neutroni!
Cosa c’entrano le stelle di neutroni con l’esperienza PUMA? Beh, è facile da intuire: l’analisi di ciò che accade all’interno dei nuclei di isotopi rari per mezzo della “sonda ad antimateria” potrebbe fornire indicazioni sullo stadio di formazione di una stella di neutroni. Il processo di “arricchimento” di neutroni nell’uno e nell’altro caso avrebbe infatti alcuni punti concettuali di contatto. Le stelle di neutroni non possono essere studiate in laboratorio e non è così facile analizzarle da vicino. I nuclei atomici sono più “remissivi” e sono a portata di mano (si fa per dire!).
Se smarriamo le chiavi di casa di notte per strada, possiamo cercarle solo sotto la luce dei lampioni, se altrove è tutto buio. Dobbiamo coltivare la speranza che esse siano illuminate (ed essere anche fortunati!). Analogamente, noi possiamo cercare di indagare sperimentalmente la realtà solo se abbiamo abbastanza “luce” per “vedere” con i nostri occhi e con i nostri strumenti. Perché altrove è buio.