A cosa dovranno davvero servire i robot sul lavoro
A proposito della traccia su questo argomento per la prima prova di maturità

L’evoluzione tecnologica è un processo esponenziale. La rapidità con cui evolve può diventare una debolezza del nostro modello sociale. La società infatti, come un organismo vivente, ha dei tempi di metabolizzazione. Il semplice passaggio dal pulsante sulla tastiera al touch screen ha decretato la fine della telefonia mobile di prima generazione. Lo stesso è avvenuto per l’industria della pellicola fotografica dopo l’avvento delle immagini digitali.
Se da un lato questi miglioramenti tecnologici hanno facilitato la nostra vita, dall’altro hanno messo in discussione modelli industriali e professioni consolidate. In questo senso, la crescente penetrazione delle macchine intelligenti e dei robot in tutti gli ambiti sociali e produttivi ci obbliga ad una profonda riflessione che riguarda la formazione, il lavoro, il welfare e la società nel suo complesso.
Nel 2060 in Europa un terzo degli europei sarà più che sessantacinquenne, contro l’attuale 18%. Il rapporto fra cittadini lavoratori (fra i 19 e i 65 anni) e i cittadini non attivi e pensionati (oltre i 65 anni) salirà dall’attuale 26% ad oltre il 50% nel 2060. In questo scenario i Robot saranno una tecnologia indispensabile. Le statistiche più recenti indicano chiaramente che i robot causeranno una diminuzione dei lavori di routine cognitiva o manuale, mentre difficilmente impatteranno sui lavori creativi o con elevata manualità.
Tuttavia diversi antropologi ritengono che l’automazione, pur sostituendo alcuni lavori, possa creare una serie di nuove complementarietà fra uomo e macchina che, a loro volta, necessiteranno di nuove capacità e servizi. Come scienziati, il passaggio fondamentale che stiamo affrontando è quello di dotare di un corpo fisico la tecnologia digitale (per intenderci quella degli smartphone), in modo che questa possa interagire nel mondo e attuare movimenti per aiutare l’uomo.
Questo porterà in primo luogo alla realizzazione di un ecosistema robotico in grado di aiutare l’uomo in molteplici attività professionali, quali i lavori pesanti e usuranti, l’automazione industriale, i trasporti (mezzi senza conducente), le attività negli ambienti e negli ospedali per la riabilitazione (esoscheletri e macchine riabilitative per anziani e malati) e la chirurgia robotica sempre più avanzata .
E’ probabile anche che nei prossimi 10 anni compaia la prima generazione di robot umanoidi compagni in grado di aiutarci in casa e in ufficio, e di fare baby sitting e assistenza agli anziani. Dovranno essere macchine in grado di parlare e comprendere ordini vocali e gestuali, di interagire con noi nell’ambiente domestico e di lavoro.
Posso portare un esempio a me molto vicino. Il robot riabilitativo Hunova – della start up di IIT Movendo Technology - è già utilizzato da oltre 300 pazienti in diversi centri ospedalieri, come nuovo ausilio per il fisioterapista e per il medico che, in questo modo, possono migliorare il loro intervento terapeutico attraverso un nuovo dispositivo. Hunova consente sia una misurazione esatta della patologia e dei progressi nel tempo della terapia sia una pratica manipolativa efficace che consente al fisioterapista di parallelizzare le terapie su più pazienti simultaneamente.
Si ottiene quindi un servizio migliore al cittadino, senza aumentare i costi del welfare ed una evoluzione di una professione tradizionale, oltre che un indotto di ingegneri e sviluppatori software che consentono a Hunova di crescere insieme alle necessità cliniche dall’ortopedia all’assistenza agli anziani al supporto alle malattie neurodegenerative. In un futuro non tanto prossimo avremo memory manager, biotecnologi e nanotecnologi per le banche di tessuti, organi e parti del corpo, educatori dei robot.
Appariranno architetti digitali (per esempio i cloud controller) e architetti dei materiali sostenibili, del ciclo dei rifiuti e del 3D printing. Vedremo crescere la richiesta di manager dell’energia e di tecnologi del cibo per la tracciabilità, il packaging e l’agricoltura verticale. E forse questa dovrebbe essere la vera grande sfida della robotica del futuro: le macchine intelligenti dovranno essere usate per diminuire considerevolmente l’impatto dell’uomo e delle sue attività a livello ambientale. Questo vuol dire intervenire sul ciclo dell’acqua, sul ciclo dei rifiuti, sulle tecnologie del cibo, sul recupero dei materiali, sull’ottimizzazione dei processi industriali per la parsimonia nell’uso delle risorse globali.
Se i robot saranno utilizzati non per rincorrere (solamente) una crescita del Pil nel breve termine, ma per ottimizzare processi che nel lungo termine abbiano un impatto positivo per tutti, forse avremo trovato il loro naturale e più equilibrato utilizzo. Se gli attuali processi produttivi comportano impronte idriche altissime (per produrre un foglio di carta da stampante servono 10 litri di acqua dolce, 10.000 per un kg di cotone) allora la vera sfida tecnologica è sviluppare processi che riducano drasticamente i costi di materie prime e il loro recupero. Per certi versi la vera rivoluzione sta nel chiarirci le idee riguardo la società che vorremmo nel ventiduesimo secolo. Una società di Homo Habens, a molte velocità, dove la tecnologie è strumento peculiare di crescita economica a breve termine basato sul sistema “chi prima arriva prima si serve”, oppure una società dello Homo Sapiens 2.0 dove ci sarà consapevolezza che ogni azione ha una conseguenza.