Se possiamo fermare lo 'spazzino molecolare' fermiamo il tumore
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Se possiamo fermare lo 'spazzino molecolare' fermiamo il tumore
Per noi ogni vita conta e la ricerca sulle malattie rare ha bisogno di tutti i sostenitori che può raggiungere perché senza di loro sarebbero molto scarse le possibilità di un futuro migliore per chi è nato con una malattia che colpisce poche centinaia o migliaia di persone nel mondo. Questa continuerà a essere la nostra risposta a quanti ci chiedono perché dovremmo investire su patologie così rare. Ma chi non fosse della stessa idea, può sostenere la ricerca sulle malattie rare pensando che, oltre a contribuire in generale al progresso scientifico e tecnologico, questi studi possono anche aiutare a sciogliere nodi determinanti nella comprensione delle malattie più comuni. È ciò che si è verificato nel caso della ricerca sul gene TFEB, detto anche “spazzino molecolare” per il suo coinvolgimento nei processi di smaltimento delle sostanze tossiche nei lisosomi, organelli cellulari deputati principalmente a questa funzione.
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La scoperta del gene spazzino A identificare e descrivere le attività di questo gene è stato alcuni anni fa il gruppo di ricerca guidato da Andrea Ballabio, direttore dell’istituto Telethon di Genetica e Medicina. La scoperta pubblicata su Science nel 2009, nasceva dagli studi di Ballabio su malattie genetiche rare caratterizzate proprio da processi di accumulo patologico nei lisosomi.
L’importanza di questa scoperta è stata immediatamente riconosciuta in virtù della miriade di processi controllati da TFEB, definito per questo motivo “master gene”, e centrali a un sofisticato sistema di pulizia intracellulare. E sappiamo da diversi studi svolti negli ultimi anni che proprio i meccanismi di smaltimento delle sostanze tossiche sono profondamente collegati anche allo sviluppo di patologie molto diffuse come le malattie neurodegenerative.
Il collegamento con il cancro. L’evoluzione più recente della ricerca di Andrea Ballabio porta oggi a un’altra pubblicazione sempre su Science nella quale si descrive l’implicazione di TFEB nella crescita tumorale. In breve, il gene è coinvolto nell’attivazione di un processo tramite il quale i lisosomi estraggono energia dalle sostanze di scarto prima di eliminarle definitivamente. In condizioni normali questa via metabolica è per lo più silente e viene attivata solo nei momenti in cui l’organismo non utilizza i processi metabolici principali per la produzione di energia.
Ballabio e colleghi hanno scoperto che se il sistema di regolazione “anti-spreco” controllato dal TFEB rimane sempre acceso, le cellule iniziano a proliferare in modo indiscriminato. E bloccando l’azione del TFEB in modelli di laboratorio si blocca anche la crescita tumorale. Il potenziale di questa scoperta è evidentemente enorme per lo sviluppo di strategie terapeutiche contro il cancro.

Quindi, per ritornare alle considerazioni iniziali sull’impatto dell’investimento in ambito di patologie rare, gli studi sul TFEB mostrano come le malattie genetiche rare possano costituire una sorta di modello sperimentale semplificato spesso utile anche allo studio delle patologie più complesse.
In particolare, studiando le malattie monogeniche, cioè quelle determinate dall’alterazione di un singolo gene, gli scienziati hanno la possibilità di isolare un singolo processo e, successivamente, applicare le conclusioni così ottenute alla comprensione di malattie più comuni nelle quali quel processo è collegato a una complessa rete di vie metaboliche. Gli studi sul TFEB hanno permesso al gruppo di Andrea Ballabio di vincere competizioni importanti e attrarre i finanziamenti di agenzie come il Consiglio di Ricerche Europeo (Erc) e l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Penso che sia doveroso ringraziare in primis tutti coloro che sostenendo Telethon hanno permesso la nascita di questa ricerca.
Lo hanno fatto perché, al di là di ricadute impossibili da prevedere, ritenevano importante occuparsi di condizioni rare come le malattie da accumulo lisosomiale: una cinquantina di patologie che, se considerate singolarmente, hanno livelli di incidenza inferiori a uno su centomila e, complessivamente, riguardano diversi milioni di persone.
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