Sono passati quasi ottant’anni da quando Orson Welles lesse ai microfoni della Cbs un adattamento radiofonico del romanzo fantascientifico 'La guerra dei mondi', lanciando nel panico la popolazione, che, sintonizzatasi dopo l'inizio del programma, aveva creduto di ascoltare un notiziario che annunciava una vera invasione aliena. Il pubblico di oggi è certamente più avvezzo a una comunicazione di massa eppure, a buona ragione, ci interroghiamo ancora sulle conseguenze di messaggi rilasciati in modo scorretto, o comunque fraintesi. L’esempio che ho utilizzato rappresenta evidentemente un caso limite, ma è interessante perché solo in quel momento, nonostante l’esistenza dei giornali da almeno un paio di secoli, ci si rese conto della portata dell’influenza di un mezzo di informazione e intrattenimento molto popolare come la radio.
La tv mantiene un ruolo predominante
Oggi le notizie ci arrivano in ampia parte dai social network dove la giungla delle cosiddette fake news ha portato il tema dell’attendibilità della comunicazione a un livello del tutto inedito e per cui gli strumenti di tutela utilizzati finora sembrano essere ampiamente inadeguati. In questo scenario, il dibattito dell’ultima settimana a seguito del servizio di Report sulla farmacovigilanza dei vaccini per prevenire l’infezione da virus del papilloma umano, dimostra che alla cara vecchia televisione si attribuisce ancora un ruolo predominante nell’informazione del pubblico e una corrispondente capacità di incidere sulle decisioni delle persone anche in una materia sensibile come la salute.
Partiamo quindi da questa centralità dell’informazione televisiva, senza ovviamente sollevare da alcuna responsabilità gli altri media o chiunque diffonda informazioni dal proprio blog, da un canale YouTube o da un profilo social. Il primo obiettivo della comunicazione deve essere l’efficacia nel veicolare un messaggio corretto e comprensibile a tutti coloro cui si rivolga. La trasmissione televisiva di una relazione a un congresso scientifico di sicuro non correrebbe il rischio di divulgare informazioni false o incomplete, tuttavia sarebbe seguita da pochissime persone e compresa da una minima parte di queste.
La necessità di semplificare
Il mezzo televisivo impone in modo particolare la necessità di semplificare il messaggio per renderlo interessante e accessibile a un pubblico ampio e molto eterogeneo sia per livello di preparazione culturale sia per quanto riguarda la disponibilità, o la capacità, di ricorrere ad altre fonti per approfondire ciò che ha appreso dalla tv.
Credo che nel maneggiare contenuti sensibili e dall’impatto potenzialmente enorme sulle decisioni delle persone e, di conseguenza, sulla salute pubblica, sia cruciale applicare tutti gli strumenti disponibili per tutelare il pubblico. Intendo dire che non è sufficiente essere certi di non aver riportato notizie false, ma è necessario avere anche una buona garanzia di come il messaggio, nella sua globalità, sarà recepito e processato da tutti coloro che lo ascolteranno. Spesso determinante in questo senso è anche ciò che si omette.
Un lavoro difficile e delicato
Divulgare temi complessi come quelli scientifici è un lavoro difficile ed estremamente delicato che richiede competenze specifiche, sia in ambito di scienza sia in ambito di comunicazione. Competenze in base alle quali è possibile, ad esempio, discernere tra ciò che può essere condensato in un servizio di pochi minuti e ciò che può essere divulgato solo a fronte delle necessarie garanzie di spazio, contesto e supporto formativo adeguati. Se, ad esempio, si affronta un argomento inerente alla farmacovigilanza sui vaccini, si devono poter fornire a chi ascolta anche alcune informazioni di supporto che sono fondamentali e ciò vuol dire far capire che ogni farmaco ha degli effetti collaterali, che la rilevanza statistica di tali effetti è valutata sulla base di determinati parametri e che questa è sempre considerata in relazione al beneficio apportato dal farmaco, beneficio che è enorme nel caso dei vaccini. Per lo stesso principio, nella composizione del servizio, la proporzione tra le interviste a persone che hanno sviluppato complicazioni al vaccino e quelle a persone che non sono andate incontro ad alcun problema dovrebbe riflettere la effettiva percentuale di comparsa di effetti collaterali nella popolazione vaccinata.
Il pluralismo giornalistico non può mettere tutto sullo stesso piano
Le competenze in ambito di divulgazione scientifica sono necessarie anche per soppesare e valutare posizioni che non possono essere messe sullo stesso piano, in base al principio giornalistico di rispetto del pluralismo delle voci, perché hanno valore scientifico differente, in alcuni casi estremamente differente, al punto da non poter proprio essere accostate in un confronto. La comunità scientifica internazionale ricorre a metodi consolidati e universalmente accreditati per valutare la validità delle tesi proposte e anche per distinguere ciò che è scienza da ciò che non lo è.
Insita nel metodo scientifico è anche la capacità di correggere eventuali errori; conosciamo, purtroppo, le conseguenze di posizioni scientifiche sostenute su basi erronee, ma, anche in quei casi è stato proprio grazie all’applicazione scrupolosa dei processi della scienza che tali errori sono stati intercettati e superati tempestivamente. È auspicabile una maggiore fiducia in questi strumenti che sono indispensabili per impostare una comunicazione corretta e responsabile.
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