Dal 27 al 30 aprile Foligno ha ospitato la VII edizione della Festa di Scienza e Filosofia. In occasione di questo evento, sono intervenuto su un tema molto attuale: l’utilizzo delle tecniche nucleari in medicina, nell’industria e nell’arte.
Molte sono le applicazioni di tecniche nucleari nella diagnostica, sia industriale che medica. Nella medicina nucleare, sono essenzialmente due le metodologia adottate: quella relativa alla somministrazione di isotopi radioattivi per la visualizzazione di lesioni, di stati infiammatori e di patologie varie e, in alcuni casi, nella terapia oncologica. La seconda via consiste nell’irradiazione di tessuti malati, generalmente cancerogeni, mediante fasci collimati di raggi X o gamma (appartenenti allo spettro elettromagnetico) o tramite bombardamento di particelle “leggere” (elettroni) o più pesanti (adroni, come ad esempio i protoni). Il successo di una tecnica di questo tipo nella cura delle lesioni tumorali dipende molto dalla possibilità di “depositare” l’energia distruttiva della radiazione esclusivamente nell’area cancerogena risparmiando i tessuti sani. Ciò viene maggiormente ottenuto con la terapia ad adroni (adroterapia, protonterapia) perché il picco dell’energia depositata può arrivare più in profondità e limitarsi quasi esclusivamente “a soglia” nella zona da colpire, salvando interamente i tessuti e gli organi sani.
Gli isotopi per la diagnostica e per la terapia medica sono prodotti da reattori nucleari e da acceleratori di particelle. Un’attenzione particolare viene attribuita a un isotopo specifico, il “tecnezio99 metastabile” perché è quello di cui si fa più uso nella medicina nucleare. Purtroppo, nei prossimi anni gli ospedali potrebbero soffrire una forte carenza di questo isotopo perché i due impianti nucleari che coprono una fetta molto importante della produzione mondiale verranno fermati e i reattori che dovrebbero sostituirli sono bloccati alla fase progettuale. Molti reattori di ricerca sono stati invitati a considerare la possibilità di produrre tecnezio per coprire questa possibile situazione di sofferenza che avrebbe pesanti ripercussioni sulla sanità di molti paesi.
Nell’industria, la diagnostica che possa basarsi su tecniche non distruttive è fondamentale. In genere, essa si fonda su radiografie a raggi X ‒ che però evidenziano solitamente strutture pesanti ‒ e sulla gammagrafia, per le analisi più in profondità legate all’integrità di strutture come cementi (piloni, come ad esempio quelli di sostegno nei viadotti). Nulla però questa tecnica può dirci per quelle intrusioni che potrebbero danneggiare il manufatto e infragilirlo, come ad esempio la corrosione, lo stress strutturale. Questi fenomeni interni sono molto più difficili da individuare, se non smontando o “facendo a pezzi” il manufatto. Ma questa scelta avrebbe un costo molto elevato: si pensi all’industria aerospaziale, più soggetta ad affaticamento strutturale di altri settori. Un aiuto “complementare” alla tecnica diagnostica tramite raggi X proviene proprio dall’applicazione nucleare per mezzo dei neutroni (radiografia neutronica): infatti, fasci di neutroni che interagiscono con le parti più “leggere” di una struttura vengono diversamente assorbiti dal campione sottoposto a diagnosi e producono immagini radiografiche che evidenziano proprio le componenti leggere interne (come la corrosione). Questa tecnica può addirittura essere estesa in modo tridimensionale fornendo indicazioni tomografiche del campione da analizzare.
Le applicazioni nell’arte discendono dalla tecnica radiografica e tomografica a neutroni descritta precedentemente. Si evidenzia come tale tecnica non distruttiva utilizzante fasci di neutroni possa essere preziosa per l’analisi di manufatti artistici (statue, dipinti) per evidenziarne lo stato di conservazione (terre di fusione nelle statue) e addirittura per verificare la presenza di dipinti sottostanti a tele su cui altro (o anche lo stesso) artista abbia in seguito composto una nuova opera d’arte (si pensi alla “Battaglia di Anghiari”, Palazzo Vecchio, Firenze).