Trentuno anni fa molti di voi non erano ancora nati. Chi c’era, in quel tragico 28 gennaio del 1986, si ricorda la sensazione di angoscia alla vista della navetta Challenger che esplodeva 73 secondi dopo il lancio. Era il primo incidente dell’era dello Shuttle e ebbe profonde conseguenza nel programma spaziale USA. La causa del disastro venne individuata in una guarnizione che, dopo una notte di freddo intenso molto insolito per la tiepida Florida, aveva perso elasticità.
Un pallone spaziale
Un dettaglio che ricorda che i razzi sono macchine molto complicate, composte da milioni di pezzi che devono funzionare tutti perfettamente. C’erano a bordo 7 astronauti che perirono nell’incidente. L’esplosione finì con una tristissima pioggia di detriti tra i quali, miracolosamente intatto, venne trovato un pallone da calcio che faceva parte della dotazione personale dell’astronauta Ellison Onizuka. Il pallone gli era stato affidato dalla figlia che militava nella squadra della sua scuola, la Clear Lake High School, vicino al centro spaziale di Houston, dove vivono le famiglie degli astronauti. Comprensibilmente, la ragazzina, figlia di un astronauta, voleva avere un pallone “spaziale”. Purtroppo così non fu, ma il pallone recuperato venne comunque consegnato alla scuola che lo conservò gelosamente.
La seconda chance del pallone miracolato
Il caso ha voluto che adesso la stessa scuola sia frequentata dal figlio di un altro astronauta, Shane Kimbrough, che si è offerto di portare un oggetto della scuola a bordo della Stazione spaziale Internazionale (ISS). Da qui è nata l’idea di dare una seconda chance al pallone miracolato che ora può fare bella mostra di sé nella Stazione Spaziale Internazionale. Invece di rivedere le agghiaccianti immagini dell’esplosione, guardiamo questo pallone che fluttua davanti alla cupola della ISS (magari ricordiamoci anche che la cupola e tutta italiana). Così un pallone diventa un tributo al coraggio, alla dedizione e alla perseveranza che sono alla base dell’avventura dell’uomo nello spazio.