Un buon modo per celebrare la Festa della mamma

Come si vive la maternità oggi in Italia? Parliamo anche di questo domenica 13 maggio. Cos'è il Mother’s Index che Save the Children, grazie a Istat, ha elaborato con un set di 11 indicatori che offrono una lettura sintetica delle condizioni delle mamme nelle diverse aree del paese

festa della mamma 13 maggio maternita

Il numero delle donne che scelgono di diventare mamme, nel nostro Paese, è in caduta libera. Nel 2017 sono diminuiti ancora i nuovi nati: solo 464 mila. Abbiamo il più basso tasso di fecondità d’Europa, insieme alla Spagna, e la più alta età media alla nascita del primo figlio, 31 anni.

Eppure, la riduzione del numero medio di figli non sembra il frutto di una libera scelta individuale – le indagini Istat ci dicono che la maggior parte delle donne in Italia desiderano avere due figli – bensì il risultato del confronto con un ambiente difficile, quando non apertamente ostile alla maternità. Questa ipotesi è confermata dal fatto che nelle Regioni dove le condizioni per essere genitori sono più favorevoli, in termini di servizi per l’infanzia, condizioni socio economiche e opportunità lavorative, i tassi di fecondità sono più elevati (Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Lombardia).

In troppi casi, ancora oggi, le donne sono costrette a scegliere tra diventare madri ed essere attive nel mondo del lavoro. E’ rivelatore in questo senso il dato sui tassi di occupazione femminile. Se per le donne dai 25 ai 49 anni senza figli il tasso di occupazione è del 70,9% - quindi in linea con molti paesi europei – per le donne con figli cala drasticamente: 62% quando si ha un figlio, 52,6% con due figli, 39,7% se si hanno tre o più figli.

Se consideriamo gli stessi tassi per gli uomini (89,2%, 89%, 82,9% con uno, due, tre o più figli) risulta chiaro come il problema della conciliazione tra cura familiare e lavoro ricada nella quasi totalità dei casi sulla componente femminile della coppia genitoriale. Anche i dati diffusi dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro in merito alle dimissioni delle lavoratrici madri confermano questo sbilanciamento, laddove il 97% delle dimissioni per problemi di conciliazione e cura dei figli sono state presentate dalle donne. Non stupisce, allora, che il recente Rapporto OCSE The Pursuit Gender Equality tratteggi un forte divario di genere nell’occupazione soprattutto tra le donne meno qualificate e in condizioni di svantaggio, che si aggrava con il realizzarsi della maternità: “le madri meno istruite hanno una probabilità inferiore di 40 punti percentuali di essere occupate rispetto a padri con lo stesso grado di istruzione”.

L’altra faccia della medaglia sono i servizi educativi per la prima infanzia. Servizi che proprio in quelle regioni dove l’occupazione femminile è più debole sono praticamente sconosciuti.

Un circolo vizioso lega insieme il mancato inserimento delle donne nel mercato del lavoro, l’assenza di servizi di cura per la prima infanzia, lo squilibrio nell’assunzione delle responsabilità familiari tra donne e uomini, la denatalità. Le esperienze di altri Paesi europei ci dicono che questo circolo vizioso può essere spezzato, a condizione di attivare coraggiose e lungimiranti politiche di sostegno alla genitorialità, coordinando interventi e risorse europee, nazionali e regionali e mettendo fine alla miriade di interventi spot e “una tantum” del tutto inefficaci.

Dall’esperienza sul campo, maturata nelle aree più difficili del Paese, come Save the Children tocchiamo con mano il costo sociale del mancato investimento sulle capacità e le competenze delle mamme. Allo stesso tempo, sappiamo che i primi mille giorni sono i più importanti per la crescita dei bambini.

La rete dei servizi per la prima infanzia può rappresentare una risorsa fondamentale non solo per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei genitori, ma anche e soprattutto come presidio educativo e cura dei bambini. Per superare il grande gap che ancora oggi ci allontana dagli standard europei, l’Istituto degli Innocenti ha avanzato una interessante proposta: realizzare asili nido all’interno degli spazi delle scuole materne (che oggi raggiungono ben il 95% dell’utenza), coprendo così tutto l’arco 0-6 anni, nella logica di un “sistema integrato”. Questo si potrebbe fare utilizzando - ben riadattati per le esigenze dei più piccoli – quegli spazi e quelle risorse che altrimenti, a causa della denatalità, rischiano di rimanere inutilizzati. E’ una proposta da prendere in seria considerazione, per imprimere una vera accelerazione alla costruzione di una rete nazionale di servizi per la prima infanzia.

festa della mamma 13 maggio maternita
mamma depressione (Agf) 

È difficile immaginare uno sviluppo equilibrato per il nostro Paese in uno scenario in cui diventare mamme è una corsa ad ostacoli. E l’Italia è anche un paese disomogeneo, sempre più disomogeneo, da questo punto di vista. Le differenze tra il Nord e il Sud del Paese invece di attenuarsi, negli anni, si accentuano. Basti pensare che solo 1,2 bambini su cento trovano posto in Calabria in un asilo nido pubblico a fronte dei 23,7 bambini dell’Emilia Romagna (un dato quest’ultimo, in ogni modo, in calo).  

Oppure analizzare il dato della mancata partecipazione al mercato del lavoro delle giovani donne, tra i 25 e i 34 anni: il 57,4% di loro in Sicilia è fuori dal mercato del lavoro a fronte del 15% della Lombardia. I divari territoriali si fanno sentire anche sul fronte delle cure sanitarie per la gravidanza e il parto, dove, come Italia, continuiamo ad essere all’avanguardia nelle classifiche mondiali, ma questo primato scricchiola. Per tutti questi motivi, quando si parla di maternità in Italia è bene andare a vedere la condizione di ogni regione, oggi e in una serie storica. È questo lo scopo del Mother’s Index che Save the Children, grazie a Istat, ha elaborato in occasione della Festa della Mamma, con un set di 11 indicatori che offrono una lettura sintetica delle condizioni delle mamme nelle diverse aree del paese, alla luce di tre dimensioni fondamentali: l’accesso al mondo del lavoro, i servizi di cura per l’infanzia, la condivisione delle responsabilità familiari tra donne e uomini. Questi dati, nella loro gravità, aspettano di essere analizzati con attenzione, e, soprattutto, aspettano un governo che li traduca in una vera agenda di lavoro.



Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it