Riflessioni sul caso del liceo Virgilio

La scuola deve riprendere assolutamente il suo ruolo educativo e soprattutto la sua autorevolezza. Non è  con la remissività che si risolvono le situazioni problematiche

Riflessioni sul caso del liceo Virgilio

Stiamo assistendo ad una condizione che spero faccia riflettere le Istituzioni. Siamo di fronte ad un liceo, il liceo Virgilio di Roma, che sembra in mano e in balia di un piccolo gruppo, di una minoranza di studenti che mettono in atto tutta una serie di comportamenti devianti, manifesti e che sembra stiano inducendo una serie di  studenti ad andar via dalla scuola, creando così un caso, che ormai è diventato mediatico. I Presidi spesso hanno le mani legate, perché da un lato questi ragazzi non si fermano davanti ad un provvedimento disciplinare, e dall’altro devono comunque garantire la tutela di tutti gli altri studenti e agevolare lo svolgimento delle lezioni, e troppo spesso non hanno come alleati i genitori, che al contrario,  attaccano e responsabilizzano la scuola di questo tipo di problematiche.

Gli effetti e le conseguenze dell’assenza dei genitori

E’ importante sottolineare che i comportamenti di questo tipo sono una presa di posizione contro l'istituzione scolastica e nascono da tentativi di boicottare le lezioni e di scontrarsi con l'autorità. Si tratta di devianza che troppi genitori definiscono come goliardia o come bravata e questo è un aspetto che deve far riflettere, se i genitori stessi, cioè gli adulti che per primi dovrebbero trasmettere dei messaggi educativi, che abbiano quindi una valenza formativa, se sminuiscono e svalutano questo tipo di azioni, vanno ad ottenere l'effetto contrario, perché rinforzano i ragazzi, i quali si sentono spalleggiati e tutelati dai genitori, andando completamente contro i principi della scuola, che si ritrova a dover contrastare da sola questo tipo di situazioni piuttosto gravi.

La devianza giovanile: quando il pubblico rinforza

Non sono ragazzi che sono intimoriti da una nota o da una sospensione, anche perché sono comportamenti rinforzati da un gruppo e da un pubblico di spettatori, come i compagni di scuola. Oltre ad un provvedimento disciplinare, dunque, serve un intervento congiunto in alleanza tra la scuola e le famiglie, perché queste condotte tendono ad auto-rinforzarsi. Significa che man mano che vedono le reazioni degli altri, e che mettono in atto questo tipo di condotte, acquisiscono ancora più sicurezza, perché vedono che dall'altra parte in qualche modo sono tutelati dalle famiglie e non vengono fermati andando, a rinforzare la loro sensazione di essere potenti e onnipotenti.

Quando un’occupazione a scuola maschera ben altro

Non stiamo parlando di un'occupazione in cui uno studente cerca di tutelare i propri diritti. Attenzione a non scambiare la libera espressione con il vandalismo e la devianza: sono aspetti completamente diversi, perché è giusto che gli adolescenti abbiano un'ideologia e tutelino i propri diritti, ma allo stesso tempo non lo devono fare attraverso questo tipo di comportamenti, perché questo esula completamente dalla finalità iniziale. Si tratta di una manifestazione di un disagio interno, perché non ci si inventa teppisti all’improvviso, in quanto queste azioni che vengono commesse sono pensate, strutturate e organizzate. Il vero problema è che c'è una maggioranza di ragazzi che osserva in silenzio e non prende posizione: si può trattare di omertà, forse anche di comodo per alcuni, perché comunque il fatto che siano altri a mettere in atto condotte che portano poi a non andare a scuola e a saltare le lezioni, in un certo senso delega la responsabilità ad altri. Certamente, però c'è un aspetto da sottolineare, ovvero che tanti di loro possono avere anche paura. È normale che le minacce di un piccolo gruppo soprattutto da parte di ragazzi più grandi, di un gruppo violento e deviante spaventino i più piccoli, perché hanno timore potenziale  di subire ritorsioni, non è un clima mafioso, si tratta di comportamenti prevaricatori.

Come comportarsi allora?

Si deve guardare la situazione con obiettività, un piccolo gruppo non può fare ciò che vuole dentro una scuola in cui ci sono delle regole da rispettare. La scuola deve riprendere assolutamente il suo ruolo educativo e soprattutto la sua autorevolezza. Non è quindi con la remissività che si risolvono le situazioni problematiche, oltretutto, se i genitori portano via i figli da scuola, insegnano che la fuga è l’unica soluzione possibile. Al contrario, genitori e scuola si devono alleare e far arrivare un messaggio forte ed educativo per evitare che in futuro ripropongano una modalità di fuga e non di attacco, davanti a questo tipo di comportamenti. Si deve dare un segnale chiaro, coerente ed efficace come sottolinea anche la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, di ripristinare un dialogo tra le parti per cercare di tornare alla normalità.



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