Uno dei protagonisti dell'anno passato è stato il morbillo. Romania e Italia i paesi dell'Unione Europea con il maggior numero di casi, che nel nostro paese erano quattro volte di più dell'anno precedente. Ma il virus ha circolato in tutta Europa. Proprio questa impennata di nuovi casi è stato uno dei motivi che hanno accelerato l'approvazione della legge sull'obbligatorietà delle vaccinazioni infantili. E gli effetti positivi si sono visti: oltre 30.000 bambini non vaccinati sono stati "recuperati" e così pure l'adesione è stata massiccia con veramente pochissimi casi di resistenza da parte dei genitori.
Questo ci dice che il problema non era tanto il movimento no-vax, molto attivo e rumoroso ma numericamente ridotto. Il problema era più una disattenzione da parte di molte famiglie o semplicemente la sensazione che le vaccinazioni non fossero più necessarie, dato che le malattie sono quasi scomparse (ma lo sono grazie alla vaccinazione continua, ovviamente).
È chiaro, quindi, che uno dei problemi principali era (e in parte ancora è) la comunicazione capillare e puntuale alla popolazione, di pari passo con la formazione continua del personale sanitario in tema di vaccinazioni. Sono questi i pilastri su cui si deve costruire la base per una scelta consapevole da parte delle famiglie, che hanno diritto di essere informate e di capire perché vaccinare i propri figli è un diritto e un obbligo allo stesso tempo. Ma soprattutto un'opportunità di proteggere loro e la società dalle malattie.
Quest'anno pare che le cose non vadano meglio. Nei primi due mesi del 2018, in Italia si sono registrati già oltre 400 casi di morbillo con 4 decessi. Come mai? Il vaccino allora non funziona?
Al contrario, semplicemente siamo in ritardo. L'età media delle persone infette è 25 anni, con l'80% concentrato nella fascia 15-64 ma con code che vanno da 2 a 79 anni. Il vaccino in Italia è disponibile dalla metà degli anni 70, ma ancora nel 1993 la copertura nazionale nei bambini era appena del 50%. Questo significa che tutti gli over 40 e molti giovani ventenni che non hanno fatto il morbillo e non sono stati vaccinati sono esposti al rischio di contagio. Infatti, il 91% dei casi del 2018 non era vaccinato.
Per proteggerli l'unico modo è vaccinare la popolazione più suscettibile (i bambini) in modo da limitare la diffusione del virus. Ma anche la vaccinazione da adulti è consigliabile se non si è mai contratto il virus. Il morbillo causa complicanze gravi: nel 15% dei casi del 2018 si sono avute polmoniti o insufficienze respiratorie. Due degli adulti (non vaccinati) deceduti avevano 39 e 41 anni e sono morti per insufficienza respiratoria grave.
La soglia di sicurezza è vaccinare il 95% della popolazione infantile (ricordiamo il vaccino va fatto in due dosi, a 1 anno e a 6 anni). In alcune regioni, grazie alla nuova legge, ci siamo molto vicini o abbiamo raggiunto il risultato. Ma fino all'anno scorso e per gli ultimi dieci anni almeno, siamo rimasti molto al di sotto: tra l'80% e l'85%.
Il virus del morbillo è uno dei più contagiosi: almeno quattro volte più dell'influenza. Un focolaio è in grado di diventare un'epidemia in poche settimane se trova un numero di persone suscettibili sufficiente. Quando il morbillo arriva in una popolazione che non l'ha mai incontrato ha effetti devastanti: nella metà dell'800, il suo arrivo in alcune isole del pacifico ha sterminato un terzo degli abitanti. E in Italia, complice la bassa copertura vaccinale e il fatto che molti adulti non sono immuni, il virus continua a circolare. Attenzione, però: nell'era pre-vaccinale i casi erano nell'ordine di 25-75.000 all'anno. Negli ultimi dieci anni consideriamo eccezionali (e allarmanti) 4-5.00 casi.
Quindi la vaccinazione funziona, ma per dichiarare l'Italia libera da morbillo ci vorranno anni e bisognerà che la soglia del 95% sia raggiunta e mantenuta stabilmente. Per questo è importante continuare a parlare di morbillo (e di vaccinazioni).