Negli ultimi anni, mano a mano che nel nostro Paese venivano rese disponibili nuove e spesso molto innovative terapie, in molti si sono interrogati sui costi da sostenere, un quesito rimasto a lungo senza una risposta che si potesse considerare esaustiva. Oggi finalmente il responso arriva dal Rapporto OSSFOR (Osservatorio Farmaci Orfani) pubblicato ieri mattina (la versione integrale è scaricabile al sito www.osservatoriofarmaciorfani.
I malati rari
Questa è la somma di quanto spendiamo oggi per le persone affette da una malattia rara per la quale hanno avuto una specifica esenzione (gli unici sui quali abbiamo dei dati certi): tra i 270.000 e i 322.000, donne, uomini e bambini.
I malati rari rappresentano quindi lo 0,5% circa della popolazione, con una prevalenza maggiore di donne, un picco nell’età adolescenziale e un altro tra i 40 e i 50 anni. Per questi pazienti il Sistema Sanitario Nazionale spende più o meno la stessa cifra di quella necessaria per curare e assistere una persona con due malattie croniche (che potrebbero essere ad esempio il diabete e l’ipertensione): una spesa media pro-capite annua inclusa nel range di 4.217-5.003 euro, che comprende farmaceutica convenzionata e in File F, diagnostica, analisi di laboratorio, visite, ricoveri ordinari e diurni.
Particolarmente delicata, per la complessità assistenziale e l’impatto finanziario, è la situazione dei malati “ultra rari”. Le malattie ultra rare (meno di 1 caso su 1.000.0000) che si concentrano maggiormente in età giovanile, ammontano ad una quota compresa tra il 15,9 e il 16,5 per cento dell’universo dei pazienti portatori di malattie rare, ma sono frazionati in oltre 215 malattie o gruppi che accedono all’esenzione. Per queste malattie la spesa pro-capite massima e minima di due ASL diverse (una del sud e una del nord Italia) raggiunge una variabilità dell’ordine del 220%.
I farmaci orfani
L’Italia ha un numero di farmaci orfani rimborsati secondo solo al Regno Unito come anche il costo annuo di trattamento medio più basso fra i Paesi considerati. Nel 2017 l’Agenzia Europea per i Medicinali ha autorizzato, complessivamente, 73 nuovi farmaci di cui 10 con designazione orfana. La spesa per farmaci orfani sulla spesa farmaceutica pubblica totale è cresciuta in modo significativo tra il 2015 e il 2016: in termini percentuali passa, infatti, dal 5,0 al 5,9 %. Si tratta di un dato positivo: a fronte di un incremento delle opportunità terapeutiche per i pazienti, i pazienti trovano maggiori risposte ai loro bisogni e le aziende, nonostante le difficoltà connesse ai ‘piccoli numeri’ sembra investano in questo settore.
Ci sono elementi positivi anche per quello che riguarda l’attività regolatoria dei farmaci in Italia: le istituzioni stanno incoraggiando le aziende a dare risposta ai problemi di salute non soddisfatti. In particolare la legge n. 95/2012 prima e la legge n. 189/2012 poi, hanno contribuito ad incoraggiare lo sviluppo e la produzione dei farmaci orfani. Anche il processo di accesso al mercato dei farmaci orfani è migliorato: si è passati da un tempo di attesa di 29 mesi tra l’autorizzazione dell’EMA alla determina di prezzo e rimborso AIFA (quindi l’effettiva disponibilità dei farmaci per i pazienti) per il triennio 2011/2013 a un tempo di 13 mesi per il triennio 2014/2016. Ricordiamoci però che oggi abbiamo terapie solo per il 3% dei malati rari e che per molti di questi pazienti il tempo è vita.
La vera peculiarità delle malattie rare e dei farmaci orfani, in termini di politiche sanitarie, rimane la concentrazione di risorse molto elevate su gruppi molto piccoli di popolazione, che può provocare, e di fatto provoca, reazioni tendenzialmente contrastanti. La scelta della presa in carico di questi pazienti diventa etica, prima ancora che economica. Un’indicazione autorevole in questo senso arriva dal Comitato Nazionale per la Bioetica del 25 novembre 2011 “…il criterio di efficienza quale quello basato sul costo/efficacia degli interventi, pur garantendo un’efficace distribuzione delle risorse in vista dell’acquisto della maggior quantità possibile di salute pubblica, non promette di garantire sufficientemente i diritti individuali e i bisogni dei pazienti 'marginali', sarà necessario individuare strumenti di policy, aggiuntivi o alternativi, in grado di soddisfarli. L’obiettivo (ideale) primario da raggiungere deve essere, infatti, il miglioramento delle condizioni e della qualità di vita di ogni paziente, senza discriminazioni basate sulla natura della malattia o sui costi della terapia”.