Dal 30 novembre al 2 dicembre a Matera si svolgerà il congresso della SINP, la Società Italiana di Neurologia Pediatrica, il ramo della medicina che si occupa della diagnosi e della gestione di neonati, bambini e adolescenti con problemi neurologici. Tra le sfide che questi medici devono affrontare ci sono anche molte malattie rare. Tra queste le Ceroidolipofuscinosi neuronali, un gruppo di malattie neurodegenerative di origine genetica caratterizzate da progressivo declino cognitivo e motorio, retinopatia che porta alla cecità, epilessia e una ridotta aspettativa di vita.
L’attenzione sarà puntata soprattutto sulla Ceroidolipofuscinosi di tipo 2, per la quale cu sono novità rilevanti, al punto che le sarà dedicato un simposio di un’ora e mezza. Interverranno, tra gli altri, il dottor Nicola Specchio (in foto) dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, il prof. Filippo Santorelli responsabile dell'unità operativa di medicina molecolare e malattie neurodegenerative all'Università di Pisa e il presidente dell’associazione A-NCL, Saverio Bisceglia. Le novità più importanti sono sul fronte dello sviluppo delle terapie. Se prima non esisteva alcun farmaco specifico ora ce n’è uno approvato negli Usa e in Europa.
In Italia, in attesa della commercializzazione, i pazienti che ne hanno bisogno possono averlo grazie ad uno speciale programma di accesso. Il farmaco in questione è una terapia enzimatica sostitutiva, cerliponase alfa, che ha mostrato di rallentare, fino anche ad arrestare, la progressione della patologia e dunque del danno. È evidente che ora più che mai bisognerà essere pronti a fare precocemente la diagnosi, perché il danno si può arrestare, ma non è possibile ristabilire le condizioni neurologiche originarie una volta che c’è stata compromissione. Questo è quanto la medicina ha in mano ora, ma il futuro potrebbe essere anche migliore. Attualmente, infatti, è in fase di reclutamento uno studio relativo a un vettore virale che contiene uno dei geni tipici della ceroidolipofuscinosi, il gene TPP1: è il primo passo verso lo sviluppo di una terapia genica che potrebbe essere utilizzata nelle forme infantili della malattia, una strada ancora lunga ma che – come già accaduto in altre malattie rare – potrebbe portare ad una svolta importante, per i pazienti e per le loro famiglie che fino ad oggi hanno assistito al declino fisico e cognitivo dei propri figli, lottando con la carenza dei sistemi di riabilitazione e di sostegno e senza potersi valere dell’aiuto di una terapia.