Per le vittime del talidomide ora c’è il rimborso, ma ottenerlo sarà una lotta

Il decreto che estende il beneficio è di ottobre, i termini per fare domanda scadono il 24 dicembre, e molti non sanno ancora di avere questo diritto

Per le vittime del talidomide ora c’è il rimborso, ma ottenerlo sarà una lotta

Il danno grave prima, la beffa poi. Le vittime italiane del talidomide avrebbero diverse cose di cui lamentarsi. Queste persone sono nate senza braccia, senza gambe o con arti molto più corti del normale. Per anni, nonostante fosse evidente che il danno era stato causato da un farmaco contro le nausee mattutine, il talidomide, assunto dalle loro madri in gravidanza, non hanno avuto la possibilità di chiedere un indennizzo. Il riconoscimento della sindrome a livello giuridico è arrivata solo nel 2006. Poi, finalmente, la legge n. 244 del 24.12.2007 stabilì un indennizzo mensile a favore delle persone affette nate dal 1959 al 1965.

Eppure, nonostante nel nostro Paese il farmaco fosse stato ritirato nel ’62, anche negli anni successivi fu possibile trovarlo nelle farmacie, dove non ci fu alcun sequestro. Continuarono a nascere bambini talidomidici anche dopo il '65, ma fino ad oggi per loro non c’è stato alcun indennizzo. Solo il 17 Ottobre scorso è arrivato un decreto, firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che estende il range delle persone che hanno diritto al beneficio economico anche ai nati nel 1958 e nel 1966, e in alcuni casi anche nel periodo precedente e successivo.

La beffa è che i termini per chiedere l’indennizzo è il 24 dicembre, fra pochi giorni. Queste persone hanno avuto appena due mesi di tempo per venirne a conoscenza – tramite i pochi articoli di giornale che sono usciti, dato che il Ministero non ha fatto altre forme di comunicazione – e per fare la domanda, decisamente poco. “Lo Stato si è mosso con colpevole ritardo, e solo grazie a noi -  ha spiegato a O.Ma.R. - Osservatorio Malattie Rare il presidente onorario di TAI Onlus, Nadia Malavasi. - Siamo l'unica associazione che è riuscita a far cambiare le leggi, ma è stato un percorso lungo e difficile. La prima tappa è stato il riconoscimento a livello giuridico della sindrome, nel 2006: prima di quella data non esisteva ufficialmente alcun talidomidico. Eppure, già nel 1972, Emilio Fede girò un reportage per la Rai, che presto proietteremo nel corso di un convegno: tutti i Ministri della Sanità dal dopoguerra al 2006 ne erano al corrente, ma hanno sempre nascosto la polvere sotto il tappeto. Abbiamo già richiesto un incontro al Ministero per chiedere una proroga, perché questa possibilità non è stata minimamente pubblicizzata e tanti talidomidici non ne sono a conoscenza. Secondo i nostri avvocati il regolamento attuativo del decreto presenta molte contraddizioni ed è eccessivamente rigido nei criteri per accertare il nesso causale fra l'assunzione del farmaco e la malformazione. Fra l'altro giudichiamo la tabella dei rimborsi discriminante, poiché prevede una differenza minima di indennizzo fra chi è privo sia di braccia che di gambe e chi ha malformazioni molto meno invalidanti”.

La storia di questa vicenda è lunga ed è veramente una brutta pagina della nostra storia (clicca qui per approfondimenti): in estrema sintesi il farmaco fu messo in commercio negli anni’50, senza che fosse mai stato sperimentato su animali in gravidanza. La FDA si rifiutò di metterlo in commercio, salvando così migliaia di bambini americani, da noi, invece, arrivò tranquillamente sul mercato e fu ritirato solo nel ’62, ma in Italia continuò ad essere venduto lo stesso nelle farmacie.

L’azienda che lo aveva registrato, la Chemie Grünenthal, negli anni ha risarcito solo le vittime tedesche, inglesi e scandinave, motivando la decisione con il fatto che in Italia il farmaco fosse commercializzato da altre sette aziende, con una quindicina di nomi diversi. Solo nel 2012 Chemie Grünenthal ha chiesto perdono alle vittime; ma meglio non chiedere a Nadia Malavasi cosa pensa di queste scuse arrivate dopo cinquant'anni di silenzio.

 
 


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