Sono sempre più numerosi i casi di cronaca che vedono coinvolti ragazzi che si fanno del male da soli, che tentano il suicidio e che perdono la vita. Troppo spesso non si vuole parlare di autolesionismo e suicidio in adolescenza, e quando lo si fa, anche attraverso i media, lo si fa in modo sbagliato e inadeguato, con il rischio di trasmettergli il messaggio che l’unico modo per comunicare il proprio dolore sia quello di compiere gesti estremi.
Bisognerebbe riflettere, infatti, sul fatto che i ragazzi, sentendosi incompresi e inascoltati, arrivino sempre più frequentemente a compiere atti dimostrativi, facendosi del male e tentando il suicidio davanti agli altri o addirittura suicidandosi a scuola, come se questo fosse l’unico modo per essere visti e riconosciuti.
Infelici malgrado tutto
Una della cause più frequenti di suicidio è la depressione adolescenziale, troppo spesso sottovalutata perché durante la fase di crescita si può manifestare anche con dei sintomi che possono essere scambiati con l’emotività vaccinante tipica degli adolescenti. Non sono felici, sono emotivamente, nonostante siano circondati da relazioni reali e digitali, tristi e depressi e questa vulnerabilità e fragilità interna li rende veramente a rischio.
Il bullismo è anche una delle cause molto frequenti che porta i ragazzi al suicidio. Ciò che fa rabbrividire è l’età dei giovani coinvolti, sempre più bassa, sempre più bambini e preadolescenti che provano o pensano di togliersi la vita. Il bullismo logora dentro, è una condizione sistematica e ripetitiva, un senso di ingiustizia costante, di sofferenza interna che porta a mettere un freno all’insensibilità di chi non vede o non vuole vedere. Sempre più suicidi a scuola, sempre più casi eclatanti in cui si vuole far vedere apertamente il proprio dolore a tutti quelli che non hanno visto, al corpo docente, all’istituzione scolastica. Un grido che risuona come un fallimento delle agenzie educative. Il 32 per cento delle vittime di bullismo si taglia e si fa del male e il 46 per cento ha pensato al suicidio. I numeri crescono repentinamente quando parliamo di cyberbullismo e arriviamo al 52 per cento delle vittime che si autolesionano e oltre la metà che pensano al suicidio.
Come pretendiamo di aiutare i giovani, se li lasciamo soli, se non si vogliono trattare queste tematiche e si fa solo disinformazione? Loro continueranno ad attaccare la loro vita nei modi più eclatanti, senza ricevere sostegno da parte di chi continua a non voler vedere ciò che accade.
L'attacco al proprio corpo
Molti adolescenti covano dentro tanta sofferenza, scaricano le tensioni sul corpo, a volte anche in maniera impulsiva, avendo difficoltà a raccontare ciò che vivono. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, raccolti su un campione di 11.500 adolescenti, il 18 per cento, di cui il 72 per cento sono femmine, si taglia e si autolesiona intenzionalmente in vari modi, e oltre 1 su 10 (13 per cento) lo fa in maniera costante e ripetitiva.
Il corpo costituisce l’unico canale attraverso il quale i ragazzi possono esprimere le emozioni forti, le delusioni, la rabbia e la sofferenza, non riuscendo a comunicare in altro modo quel dolore così intollerabile.
Non bisogna dimenticare che l’autolesionismo è accompagnato da profondi sensi di colpa e sentimenti di vergogna: troppi adolescenti si sentono emarginati e stigmatizzati dalle famiglie, dalla scuola e dalla società che, molte volte, non sono in grado di comprendere la sofferenza che si cela dietro il loro gesto.
Il bisogno di essere visti
Il suicidio è un grido d’aiuto potentissimo che spesso viene sentito troppo tardi: circa 6 adolescenti su 100 hanno tentato il suicidio, di cui il 71 per cento sono ragazze, e il 24 per cento ha pensato al suicidio. Sono dati davanti ai quali non si può rimanere indifferenti, che dimostrano quanto gli adolescenti siano fragili e poco contenuti fin dalla prima infanzia, troppe volte abbandonati a loro stessi e alla loro sofferenza.
Arrivano addirittura a compiere gesti estremi all’interno della propria scuola, a conferma del loro bisogno di essere riconosciuti e visti nel proprio dolore da tutti. Se la scuola diventa il luogo in cui gli adolescenti si tagliano, tentano il suicidio e si fanno del male in tutti i modi, significa che scuola e famiglia non sono più dei punti di riferimento e non riescono a dare ai ragazzi quelle certezze che gli servono per affrontare la vita.
Il problema è che si ha paura di parlare di questi argomenti, non si fa prevenzione, non si vogliono aprire gli occhi e non si fa nulla per aiutarli, nonostante ne abbiano un assoluto bisogno. Infatti, molto spesso vengono lasciati soli, con il rischio che ricevano messaggi sbagliati e distorti, nascondendosi dietro la scusa che, parlandone con loro, vengano istigati a mettere in atto condotte estreme.
Certamente serve una prevenzione adeguata, svolta da persone serie e preparate, non da chi si improvvisa esperto, altrimenti i ragazzi continueranno a morire sotto i nostri occhi.