Lo studio pubblicato oggi sul New England Journal of Medicine dimostra l’efficacia della metodica applicata al piccolo paziente del Bambin Gesù ed è estremamente rilevante sia dal punto di vista clinico che scientifico. Dal punto di vista clinico abbiamo una terapia per un tipo di leucemia per la quale, nella forma recidivante e più grave che ha colpito il bimbo di quattro anni, non c’era cura.
Questo è un risultato comunque straordinario, anche se il follow-up è ancora breve e gli effetti collaterali immediati sono da studiare per un miglior controllo. Dal punto di vista del sapere scientifico la rilevanza va spiegata. La novità, o la scoperta se si vuole, infatti non sta nel risultato della cura perché il risultato non è nuovo. Ci fu un caso identico, con fortunatamente gli stessi esiti positivi, in Pennsylavania pochi anni fa. Il punto importante è che allora si trattava di una sperimentazione monocentrica: tutte le procedure di prelievo dei linfociti, modificazione genetica e reinfusione sono avvenute all’interno dello stesso centro. I risultati di efficacia pubblicati oggi sul NEJM sono stati invece ottenuti in uno studio multicentrico che ha interessato 4 continenti e 75 pazienti.
La novità non è quindi che la terapia funziona, ma che gli stessi risultati di efficacia ottenuti una volta in un centro, si ottengono anche in un contesto multicentrico. Dunque la procedura non solo è efficace, ma è fattibile su larga scala. Lo studio, promosso da Novartis, era organizzato in modo che i centri facessero i prelievi di linfociti e li mandassero a una unica centrale, che effettuava la procedura genetica e poi rimandava i linfociti modificati per la reinfusione. Tutto questo procedimento è efficace, ma molto costoso. Dunque la raccomandazione di noi scienziati è che si investa in questa straordinaria terapia che ha dimostrato di essere efficace, per renderla anche accessibile ai sistemi sanitari e al maggior numero possibile di pazienti.
Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca dell'Istituto Europeo Oncologia