In Italia, ad agosto, è stata approvata la legge la 167/2016, che introduce lo screening neonatale metabolico allargato, obbligatorio e gratuito, per tutti i neonati. A 9 mesi di distanza però nulla è cambiato. Mentre i centri si accapigliano per decidere chi farà cosa (e chi avrà i fondi) i bambini nascono, si ammalano, subiscono danni irreversibili e muoiono. Proviamo a capire che cos’è questo screening e a dare qualche dato.
Come si fa lo screening? Si preleva una goccia di sangue del neonato nelle prime 48 – 72 ore di vita, si invia ad un laboratorio attrezzato (ne abbiamo circa una 30ina in Italia, molti più del necessario) e questo ha circa 48 ore di tempo per esaminare il campione. Se riscontra valori anomali avvisa l’ospedale che richiamerà la famiglia e si porranno in essere tutte le misure necessarie per evitare che l’anomalia genetica possa produrre danni irreversibili o provocare la morte. A volte è sufficiente una modifica alla dieta del neonato, altre volte entrano in gioco dei farmaci: lo scopo è evitare che le sostanze di scarto non metabolizzate vadano ad avvelenare il sangue o altri organi, cervello incluso. Ad oggi questo procedimento viene fatto con copertura quasi totale solo per tre patologie, che sono state rese obbligatorie molti anni fa: la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica. Da queste patologie, che sono più frequenti di altre, risultano affetti ogni anno circa 800 neonati.
La nuova legge prevede che la ricerca dovrà essere estesa ad altre malattie, circa 40: le malattie metaboliche rare per le quali abbiamo una terapia efficace. Alcune regioni, già da alcuni anni, offrono il test: hanno proceduto in autonomia a dare questa opportunità di salute. Nel 2015 il 50.3% dei neonati italiani ha avuto accesso al test di screening allargato: tra questi bimbi ne sono stati individuati circa 80 affetti da una di queste malattie. La statistica ci suggerisce che circa altrettanti, nati entro quel 49.7% che non ha avuto il test, non abbiano avuto una diagnosi e la conseguente terapia. Alcuni hanno subito lunghi ricoveri e gravi danni, altri sono morti. Uno di questi bimbi è morto nel Lazio, dove la Regione è spaccata in due, con metà dei punti nascita che aderiscono allo screening e metà no: il bimbo era nato nella metà sbagliata. Però la preoccupazione principale in questo periodo non è stata quella di organizzarsi per offrire il test, ma di portare avanti battibecchi animati da ragioni economiche e da equilibri politici. Nel frattempo i bambini nascono, si ammalano e muoiono.