C’è qualcosa che non torna nell’irresistibile ascesa di Volodymyr Zelensky, detto Ze. E non è semplicemente il fatto che questo attore comico di 41 anni è passato in cento giorni dall’impersonare in tv il presidente dell’Ucraina in una serie di successo, ad essere eletto presidente dell’Ucraina con il 73,2 per cento dei voti. Già questo è clamoroso, me ne rendo conto: è come se noi italiani dopo l’estate votassimo in massa per Claudio Bisio presidente del Consiglio, visto che lo ha impersonato in un film divertente. Ma di attori che poi diventano presidenti se ne sono già visti, penso a Ronald Reagan per gli Stati Uniti, Arnold Schwarzenegger per la California, e anche da noi il partito che ha vinto le ultime elezioni è stato fondato da un comico dieci anni fa.
Ma quello che non torna è quello che non è successo. Mi spiego: sono due anni ormai che ci diciamo che le elezioni si vincono soltanto con i social media, che il populismo dilaga grazie alla fake news, che almeno due tornate elettorali fondamentali (la Brexit e Trump) sono state condizionate dalla disinformazione diffusa in rete da una agenzia russa. E in Ucraina? Niente di tutto questo? Nel paese dove i russi sperimentarono il concetto stesso di fake news ai tempi dall’annessione della Crimea nel 2014 e dove nacque, in risposta, il progetto Stop Fake? In quello dove i social network russi sono banditi, ma gli utenti Facebook sono subito schizzati a 13 milioni (su 42 milioni di abitanti), niente? Così pare.
Intanto Volodymyr Zelensky sembra usare pochissimo i social: su Twitter non c’è (solo dopo il voto di domenica sono nati un paio di profili con il suo nome ma non è certo che siano autentici). Su Facebook non ha una pagina ufficiale (mentre ne ha una, con oltre 2,5 milioni di follower, il rivale che ha sconfitto). Sta su Instagram, con un profilo dove in effetti ha oltre quattro milioni di follower ai quali posta i suoi video, in stile Salvini per capirci, lui che parla senza effetti speciali: ma davvero qualcuno pensa che si diventa presidente della Repubblica di un paese di 45 milioni di abitanti, usando Instagram? Si dice anche: ha usato molto YouTube. Forse, ma non ha nemmeno un canale ufficiale.
Insomma, come ha fatto la sua campagna elettorale? Si è candidato il giorno di Capodanno in tv, dal canale che trasmette il suo show, Servo del Popolo, tanto che molti hanno pensato ad uno scherzo. E invece era vero: dopo aver impersonato il professore di scuola Vasyl Petrovych Holoborodko che diventa presidente perché un suo sfogo contro la casta diventa virale sui social, il 31 dicembre 2018 si era davvero candidato. Ma poi, diversamente dal personaggio tv, non ha usato i social. Ma nemmeno la tv, perché ha evitato tutti i talk show “dove i potenti fanno teatrino” ha detto. E nemmeno i giornali, che si sono lamentati perché non ha mai risposto ad una domanda (qui la lettera aperta firmata da venti quotidiani).
Lo hanno aiutato i russi sottobanco? Nemmeno questo, pare. Anzi quando si è candidato sono spuntati un paio di siti, legati alla Russia, che lo diffamavano. Inutilmente. (qui tutti i dettagli).
E allora? Come ha fatto un incompetente assoluto, ma simpatico, e ricco ma non ricchissimo, a diventare presidente? Con i comizi, è la risposta. Vero, ma non basta. La verità è che i cittadini del paese più povero d’Europa (qui alcune statistiche piuttosto impressionanti) hanno votato contro un vecchio politico, Petro Poroshenko, 53 anni, arrivato al potere nel 2014 sventolando la bandiera anti-russa, e che, mentre l’economia affondava e la corruzione dilagava (qui l’ultimo ranking di Transparency, sono 120esimi su 180 paesi; l’Italia, che non se la passa bene, è al 53 esimo posto per dire); in questo contesto è diventato sempre più ricco (1,3 miliardi di dollari di patrimonio nel 2014 secondo Forbes).
Casta e onestà sono state le parole chiave. Già sentite, vero? E non è colpa di Facebook stavolta. Perché alla fine i social media non sono la causa del caos a cui assistiamo ovunque: sono l’amplificatore. Prima lo capiamo, e prima ci occupiamo delle cause.