Caro Siri, io e te abbiamo un problema. O come direbbero su Facebook, una relazione complicata. Il problema è che non mi capisci. La verità è che non mi hai mai capito, ma nel 2011, quando hai debuttato sull’iPhone 4s, gli errori ci stavano. Ma ormai hai 7 anni e se ti chiedo di chiamare Tizio tu a volte mi chiami Caio con cui non volevo parlare tra l’altro; se ti chiedo la strada per l’aeroporto mi dirotti in una agenzia di viaggio. Pensavo fosse un problema di comprensione della lingua italiana, poi qualche giorno fa ho letto l’ennesima recensione negativa e ho scoperto che alla richiesta di mandare un messaggio chiedendo “when are you getting there?”, quando arriverai, tu hai scritto nel messaggio “when are you gay?” che può anche essere interessante come domanda ma vuol dire tutta un’altra cosa, e comunque non è nemmeno tanto politicamente corretto. Va detto che la recensione era del Washington Post che è di proprietà di Jeff Bezos il quale è anche il proprietario di Amazon che ha lanciato un assistente virtuale rivale, Alexa, che però a giudicare dai test che leggo in giro non è molto migliore di Siri. E lo stesso vale per Cortana con cui potete dialogare se avete acquistato prodotti Microsoft, o con il Google Assistant che invece trovate quasi ovunque.
Il problema è che questi assistenti virtuali ormai iniziano ad essere diffusissimi, i bambini li adorano, negli Stati Uniti pare che a un anno iniziano a dire Siri o Alexa prima di mamma e papà. E non stanno più solo sui nostri telefonini o sui pc, ma su appositi oggetti da mettere in casa e che per esempio funzionano da altoparlanti per la musica. Li chiamano smart speaker, speaker intelligenti ma a giudicare da certe risposte che danno a volte mi sembra un po’ generosa come definizione: infatti ancora funzionano molto peggio di come dovrebbero. A volte ci azzeccano è vero, ma è troppo poco per una tecnologia che un giorno cambierà la nostra vita, consentendo a chiunque di interagire con un computer semplicemente parlandoci e quindi anche senza nessuna competenza digitale. Pensate all’impatto che può avere sull’assistenza degli anziani per esempio. Ma oggi qualcuno affiderebbe il nonno ad un assistente virtuale?
In rete da qualche settimana gira un video molto divertente - anche se non originalissimo visto che ce ne sono versioni simili da qualche anno. E’ un doppiaggio di una delle scene clou del film del 1968 “2001 Odissea nello Spazio”, quella in cui il comandante Bowman ha un duro confronto con HAL 9000, il computer di bordo che governa la navicella spaziale tramite una avveniristica intelligenza artificiale. Il video, in inglese, è intitolato “Se HAL 9000 fosse Alexa”, ma vale lo stesso per Siri e tutti gli altri. Alla richiesta di aprire la porta (“the pod back door”), HAL risponde “sto cercando la ricetta del merluzzo (“cod”) online”; quando il comandante insiste, HAL si scusa: “Non trovo un “rod kay moore” fra i tuoi contatti”. Quando il comandante chiede spazientito “qual è il problema?”, la risposta è lunare: “Il bambino con un problema è un film del 1990”. Di che parli, insiste il comandante, “what are you talking about?”. E il computer fa partire un brano dei Talking Heads su Spotify. Ritenta, sarai più fortunato forse.
Qui quello di Android Authority