Da sempre i futurologi si ingegnano a prevedere come sarà il mondo fra 20 o 30 anni (lo ha appena fatto il grande Michio Kaku a Dubai). In questo momento per esempio si favoleggia di muri parlanti, taxi volanti e robot badanti. Intendiamoci, non si tratta di previsioni campate in aria. In molti casi infatti parliamo di tecnologie che già esistono: il punto è prevedere quando diventeranno affidabili ed economicamente convenienti (anche se il futuro non è una linea retta, ricordiamolo, molto dipende da noi, come dimostra il fatto che alcune delle innovazioni più importanti della storia non le aveva previste nessuno).
Ma certo rispetto al passato oggi grazie al digitale abbiamo a disposizione molti più dati da analizzare e questo consente di fare previsioni affidabili su molte cose. Per esempio sulla base dei dati di Spotify è possibile prevedere chi condurrà il Festival di Sanremo nel 2050, fra 32 anni esatti. Sarà una edizione clamorosa già dal numero, sarà la numero 100. Chi ci sarà sul palco dell’Ariston? Chi sarà il Baglioni del 2050? La risposta è nell’analisi dei dati di Spotify, che non è solo la principale piattaforma di streaming per ascoltare musica, ma è anche un registratore unico sulle nostre abitudini musicali. Sanno chi siamo e che ascoltiamo: sanno tutto. E questo porta a rivelazioni sorprendenti.
Analizzando i dati e le classifiche per età, per esempio, un giornalista del New York Times ha appena scoperto che c’è una specie di legge, un algoritmo diremmo oggi, per cui le canzoni più importanti della nostra vita sono quelle che ascoltiamo all’inizio dell’adolescenza: a 13 anni per le femmine e a 14 per i maschi. Lo ha scoperto perché i grandi successi del passato sono ancora oggi i più ascoltati da chi entrava nell’adolescenza quando la canzone è uscita. Si tratta di canzoni di altri tempi ma che risentite oggi ci fanno risuonare nelle note intime, ci riportano al tempo in cui finivamo di essere bambini per entrare nell’età adulta, sentendoci inevitabilmente soli, come lo sono sempre gli adolescenti in fondo. Soli ma con uno scudo di canzoni del cuore a farci compagnia.
Questa legge la si è vista all’opera nel Sanremo appena concluso, perché il picco di emozioni per il pubblico del teatro Ariston – notoriamente non formato da ragazzini – e per i dieci milioni e rotti che lo seguivano in tv – anche qui, in là con gli anni – si sono registrati quando Claudio Baglioni ha duettato sulle note di Amore Bello e Avrai. Roba appunto che molti di noi cantavano a 13 anni.
Insomma se la legge di Spotify è giusta, il Festival del 2050 lo presenterà Coez, duetti previsti con Ghali e Sferaebbasta. Come vallette, sa va avanti così, un paio di robot.