La sfida dei robot che scrivono romanzi o arrangiano brani musicali
Siamo molto concentrati per cercare di capire quali lavori i robot stanno facendo o faranno al posto nostro. Ma stiamo sottovalutando l’impatto dell’intelligenza artificiale. Gli esperimenti di Alex Braga e Robin Sloan segnano una nuova frontiera

Siamo molto concentrati per cercare di capire quali lavori i robot stanno facendo o faranno al posto nostro. Ma stiamo sottovalutando l’impatto dell’intelligenza artificiale. Qualche giorno fa alla Maker Faire di Roma mi sono imbattuto nel progetto di Alex Braga, che alcuni di voi ricordano come deejay e conduttore radiofonico e tv. Da qualche anno Alex assieme ad un paio di ricercatori di Roma Tre ha sviluppato una intelligenza artificiale musicale che è in grado di collaborare con un musicista in tempo reale, producendo suoni che si adattano perfettamente a quel che ascolta, anche improvvisazioni casuali.
Già abbiamo parlato di come l’intelligenza artificiale sia in grado di comporre musica, persino sinfonie o colonne sonore, in base a certi parametri. Ma questo caso è diverso. Con A-Mint praticamente il software diventa uno strumento che suona con gli altri strumenti adattandosi, tanto che la prestigiosa Accademia di Santa Cecilia ha sposato il progetto e dal prossimo anno al Conservatorio uno potrà scegliere se studiare clavicembalo, trombone o intelligenza artificiale.
Non diverso il percorso che negli Stati Uniti sta facendo Robin Sloan, un giovane scrittore californiano che ha fatto molto parlare di sé con un primo romanzo che analizza il rapporto, non sempre facile, fra tecnologia e felicità. Il prossimo romanzo Sloan lo sta scrivendo con l’aiuto di un software che completa automaticamente le frasi che lui inizia a scrivere. O che ne aggiunge una che Sloan non aveva ancora pensato. In questo caso più che di intelligenza artificiale dobbiamo parlare di machine-learning e cioé di un computer che impara uno schema e lo applica infinite volte.
Per insegnare al suo computer lo schema Robin Sloan gli ha fatto prima digerire le annate complete di due riviste di fantascienza degli anni ‘50 e ‘60. Funzionava, ma era banale. Allora ha aggiunto i romanzi di John Steinbeck e Philip Dick, le poesie di Johnny Cash, la storia orale della Silicon Valley, alcune annate della rivista Wired e chissà perché alcuni bollettini del dipartimento caccia e pesca della California. Ora va decisamente meglio, pare.
Il tutto può sembrare decisamente artificiale ma non lo è: c’è piuttosto una collaborazione che mi fa pensare ad una umanità aumentata.
È una nuova frontiera, da seguire con attenzione.
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