C’è un registro che elenca tutte le cose che ho comperato online in questi anni: dal febbraio 2013, un libro su Amazon su “come cambiare il mondo con delle idee geniali”, la mia ossessione evidentemente; all’altro ieri, l’ennesimo paio di auricolari per l’iPhone, gli ultimi si erano rotti per la pioggia entrata nel microfono.
In quel registro c’è tutta la mia vita di acquirente compulsivo: sei anni di viaggi, film e videogame, sei anni di libri, di fotolibri e di accessori per cucinare (avevo comprato uno stendipasta tre anni fa, dice il registro, chissà dov’è finito). Tutto quello che ho comperato online in questi anni è custodito da Google. Non è un servizio esclusivo evidentemente. Ma vale per tutti gli utenti del servizio di posta Gmail, un miliardo e mezzo di persone secondo gli ultimi dati disponibili (ottobre 2018). Un abitante del pianeta terra su cinque.
Lo ha scoperto qualche giorno fa un giornalista della Cnbc: ha scoperto che nella nostra pagina personale, myaccount.google.com, c’è la voce “acquisti”. E’ una pagina realizzata pescando automaticamente le informazioni da gmail (oltre che dallo store di Google e dall’assistente vocale): quando compriamo qualcosa online infatti sulla posta ci arriva una email con la conferma e la ricevuta. Sono queste le informazioni con cui Google automaticamente, silenziosamente, senza dirci nulla, aggiorna il nostro registro degli acquisti.
Chi può vederlo? Teoricamente solo noi. A precisa domanda da Google hanno risposto che questi dati non vengono più usati dagli inserzionisti pubblicitari, non servono per profilarci meglio, non sono l’ennesimo strumento che cerca di trasformarci in dati manipolabili da un algoritmo. Infatti possiamo cancellare quell’elenco quando vogliamo, dicono. Facile a dirsi. Intanto per farlo avremmo dovuto sapere che esiste.
E poi eliminare l’elenco non è affatto facile. C’è una procedura complessa che passa per l’eliminazione della singola email contenente la ricevuta. Bloccarlo del tutto è impossibile (come ha scoperto Buzzfeed). Morale: qualche giorno fa il garbatissimo amministratore delegato di Google Sundar Pichai ha scritto solennemente sul New York Times che “la privacy degli utenti non può essere un bene di lusso riservato a pochi”. E’ vero, per come vanno le cose adesso non è riservata a nessuno.
Qui il link per accedere alla propria pagina degli acquisti.