Probabilmente non lo sapete, ma anche voi che mi state leggendo siete stati vittime del phubbing. Epperò sono pronto a scommettere che lo avete anche praticato, magari senza saperlo. Il phubbing è una parola relativamente nuova, inventata qualche anno fa durante un simposio universitario in Australia, per indicare un comportamento dilagante: snobbare qualcuno per concentrarsi sul proprio telefonino. Phone Snubbing uguale Phubbing. Sembrava che il fatto di aver trovato un nome a questa brutta abitudine potesse in qualche modo porre un’argine e invece basta guardarsi attorno per capire che non è stato così.
Non siamo fissi sul nostro telefonino soltanto nella metropolitana o in una sala d’attesa, quando probabilmente stiamo fra sconosciuti. Ma succede anche a casa tra figli e genitori, nelle riunioni in ufficio, a tavola, persino durante cene che avrebbero potuto essere romantiche e invece diventano frustranti. Qualche giorno fa è uscita una ricerca scientifica sul tema. Un esperimento condotto da due ricercatori dell’università del Kent, nel Regno Unito, ha dimostrato che il phubbing peggiora la comunicazione e le relazioni fra le persone (avrebbe mai potuto essere vero il contrario?). Del resto già nel 2016 un’altra ricerca aveva confermato che messaggiare a terzi mentre stai con qualcuno è irritante. Mentre nel 2012 una terza ricerca dell’università dell’Essex era arrivata a dire che la sola presenza di un telefonino fra due persone rende la situazione meno adatta a conversare.
Fare crociate è inutile: si è visto quanto non funzionano i messaggi terroristici sui pacchetti di sigarette. Ma rendersi conto del problema sì. Al punto che persino Google ha annunciato che sui prossimi telefonini con sistema operativo Android ci saranno un paio di strumenti che dovrebbero aiutarci a usarli di meno; ma il fatto che Google guadagni quando usiamo il telefonino mi fa pensare che in realtà faranno di tutto per renderci dei phubbers incalliti. Salvarci, e salvare i nostri rapporti umani, dipenderà solo da noi.