Da sei mesi l’Italia ha un commissario per il digitale. Si chiama Diego Piacentini, ha 55 anni, da giovane ha lavorato 13 anni ad Apple, poi è stato per 16 ad Amazon, a Seattle. Era il braccio destro di Jeff Bezos, il fondatore. Questo per dire che Piacentini è un numero uno dell’innovazione che ha una missione molto complicata: far diventare digitale la nostra pubblica amministrazione. Ieri è stato alla Camera dei deputati. E’ stato ascoltato per due ore dalla apposita commissione parlamentare d’inchiesta che sta indagando su perché in Italia spendiamo tanto in informatica per avere servizi così scadenti. Se avete provato ad usare il sito web di un ufficio pubblico sapete di cosa parlo. Piacentini ha detto che oltre alla tecnologia c’è un problema di competenze: servono giovani esperti di digitale. E il presidente della commissione Paolo Coppola, che è un giovane informatico a sua volta, ha auspicato un piano per assumere migliaia di giovani per svecchiare la burocrazia della carta. Magari.
Mentre a Montecitorio parlavano, in Estonia, Taavi Rooivas, che ha 37 anni ed è già stato per due anni primo ministro del suo paese, mandava questo tweet: “Oggi ho fatto la mia dichiarazione dei redditi. Ci ho messo due minuti, ho usato il mio telefonino, e l’ho fatto mentre facevo colazione”. Nient’altro? Ho riletto questo tweet tante volte, ogni volta ripensando a come è complicato da noi pagare le tasse, ai consulenti indispensabili, ai codici incomprensibili, alla montagna di carta o agli ostacoli per inviarla anche nella versione precompilata online. Qualcuno mi ha obiettato: ma l’Estonia è un piccolo paese, facile farlo lì. Vuoi mettere l’Italia. Uno snobismo che non ha senso: la cancelliera Angela Merkel ha appena dichiarato che il modello per la Germania è proprio il piccolo Stato baltico. L’Estonia dimostra che il digitale, se progettato bene, migliora davvero la vita dei cittadini. Il successo della missione del commissario Piacentini si misurerà da cose molto concrete. Come queste.