C’è stato un tempo in cui abbiamo creduto che la soluzione di tutti i problemi della scuola fosse un computer. Mi ricordo ancora come iniziò: era il 1996 e nel Regno Unito il candidato premier Tony Blair aveva detto di voler riformare il sistema scolastico con la tecnologia, il web era appena nato, e a un certo punto aveva promesso addirittura un computer per ogni banco.
Il direttore del quotidiano per cui lavoravo mi chiese di provare a fare lo stesso in Italia: l’idea era recuperare vecchi computer, rigenerarli e donarli alle scuole. Ci siamo fermati attorno ai diecimila, ma non è questo il punto. L’idea che il digitale fosse il futuro della scuola intanto ha preso il largo: al posto del computer per ogni banco abbiamo adottato una lavagna multimediale per ogni classe, e ci siamo battuti per il wifi nelle aule e la banda larga ovunque, e per i libri digitali.
Diciamoci la verità, si è trattato quasi sempre di esperimenti superficiali, fatti male e che hanno cambiato poco o nulla. Ci ho ripensato oggi perché il New York Times documenta una imprevedibile rivolta di studenti e genitori contro la Summit School: si tratta di un progetto, sostenuto con 99,1 milioni di dollari dalla fondazione di Mark Zuckerberg e della moglie Chan, che punta a imporre un modello di insegnamento personalizzato dove gli studenti fanno tutto con il proprio computer mentre il docente controlla a distanza i risultati.
Partito nel 2015, il metodo Summit è arrivato in 380 scuole e sta tornando indietro. Non funziona. Qualcosa di simile è accaduto ad un’altra startup americana, AltSchool, che in breve tempo aveva raccolto 174 milioni di dollari da un gruppo di miliardari della Silicon Valley (Bill Gates, la moglie di Steve Jobs, il fondatore di Ebay, il solito Zuckerberg) e che rischia la chiusura.
Le cose da notare sono due. La prima è che mentre finanziano scuole only digital, i ricchi della Valley mandano i loro figli in scuole tech free. La seconda è che molti degli attuali guru, dai fondatori di Google a Jeff Bezos per arrivare al creatore di Wikipedia, sono cresciuti in scuole che adottavano il metodo di una leggendaria pedagogista italiana: Maria Montessori. Cosa vuol dire? Io non credo che la Montessori avrebbe bandito i computer e la rete dalle sue lezioni, anzi; ma sicuramente non avrebbe affidato solo alla tecnologia il compito di far crescere i nostri figli. Proviamo a ripartire da lì.