L'inutile (purtroppo) Safer Internet Day 

La Giornata Mondiale per la sicurezza su Internet da 14 anni in Italia si risolve con qualche convegno: mentre servirebbe un vero impegno di Rai e scuola per la cultura digitale 

L'inutile (purtroppo) Safer Internet Day 
 Facebook, social network, computer, pc, internet

Domani è la Giornata mondiale per la sicurezza su Internet. Nel mondo si faranno un centinaio di eventi, Italia compresa ovviamente. Il programma è lo stesso da 14 anni. Il ministro dell’Istruzione come ogni anno parlerà davanti ad un migliaio di studenti precettati per l’occasione, preceduta dal solito appuntamento alla Camera dei deputati in cui Telefono Azzurro prova meritoriamente a mettere assieme tutti gli operatori della sicurezza digitale (i quali spesso hanno le idee almeno confuse, visto che sul sito ufficiale generazioniconnesse parlando dei pericoli della rete, confondono una società che sviluppa videogiochi, Supercell, con i giochi che sviluppa, Clash Royale, dimostrando non solo di non averci mai giocato, a quel gioco, ma di non sapere esattamente di cosa stanno parlando).

Tutto giusto, tutto bello, ci mancherebbe, ma non ho mai visto tanta autoreferenzialità e - lo dico con rispetto - tanta inutilità per un tema così importante. Come se un convegno potesse cambiare il mondo e davvero “rendere Internet un posto migliore”, come recita lo slogan della Giornata. Eppure è un tema fondamentale visto che tre miliardi e mezzo di persone, un abitante della Terra su due, usano la rete. E saremo a quattro miliardi fra pochi mesi. In questo contesto la domanda che dovremmo farci tutti è: è sicuro navigare su Internet? L’unica risposta onesta è: dipende. Da cosa? Da come sappiamo muoverci in rete, individuare i pericoli, evitare le trappole che possono essere di mille tipi: per rubarci di dati dalla carta di credito; per infettarci il computer con un virus e magari chiedere il riscatto; oppure, più semplicemente, i pericoli possono essere la violenza in diverse forme, dalle minacce alla pedopornografia.

E quindi chi dipinge la rete come un paradiso terrestre sbaglia esattamente come chi la racconta come un inferno. Prendere il meglio da Internet senza farsi male dipende da noi, dalla cultura digitale che abbiamo. E da questo punto di vista in Italia è una tragedia, non esagero. Siamo il paese d’Europa con il più alto numero di non utenti della rete (oltre venti milioni) e c’è una frattura generazionale netta: i giovani sono quasi tutti in rete ma ci stanno senza consapevolezza dei pericoli e spesso neanche delle opportunità (Internet potrebbe servire loro a trovarsi un lavoro, ma questo è un altro discorso); mentre una buona parte degli adulti sono disconnessi e quindi non possono svolgere nessun ruolo guida.

Servirebbe una grande mobilitazione nazionale. Il ministero dell’Istruzione dovrebbe far sì che nelle scuole, così ostinatamente analogiche nonostante le promesse, questo tema entri davvero ma il problema è che gli insegnanti quanto a cultura digitale sarebbero spesso da rimandare all’asilo. E anche qui: non è supponenza dirlo. E’ un fatto. Potremmo dire che non è neanche colpa loro ma di quanto poco Internet è stato considerato importante negli ultimi venti anni, ma la sostanza non cambia.  

E poi dovrebbero essere soprattutto i genitori i destinatari del messaggio sulla sicurezza in rete. Perché pensano di aver risolto il problema comprando ai figli uno smartphone e non sono in grado di affrontare con loro una conversazione sul senso e i rischi della rete. Servirebbe più di ogni altra cosa, non mi stancherò di ripeterlo, un impegno vero della Rai per promuovere la cultura digitale degli italiani. Esattamente come avvenne nel decennio di “Non è mai troppo tardi”, il programma quotidiano che ha insegnato agli italiani a leggere e scrivere. Ma quella era una grande Rai. Mentre la tv di Stato adesso pensa di essersela cavata mandando in onda a luglio e ad agosto per 5 minuti al giorno una striscia comica con Nino Frassica. Davvero troppo poco. Ma a qualcuno interessa?