Questa mattina sono tornato a palazzo Vidoni, sede del ministero della Funzione Pubblica, per scegliere, non da solo, i vincitori della terza edizione del premio Open Government Champion. Si tratta di un momento importante per scoprire i campioni dell’innovazione nella pubblica amministrazione: progetti a volte piccoli, portati avanti con testardaggine e spesso con pochi mezzi, che migliorano concretamente la nostra vita di cittadini usando il digitale: siti web, profili social, a volte il cloud o l’intelligenza artificiale.
Anche questa volta la curiosità non è andata delusa. Ho scoperto per esempio che in un municipio di Roma è stato chiesto ai cittadini come spendere 17 milioni di euro: si chiama bilancio partecipato. E a Milano sempre i cittadini, dopo un lungo dibattito in rete e in piazza, hanno convinto l’amministrazione a modificare il progetto di riapertura dei Navigli.
Alcune cose sono molto recenti. Un paio di mesi fa la Protezione civile ha creato uno strumento che aggrega in tempo reale tutti i dati relativi al rischio idrogeologico e li restituisce a tutti in una mappa. E l’Inps per i dipendenti pubblici ha avviato un sistema che consente di ottenere un servizio semplicemente chiedendolo online, la documentazione la reperiscono i software e in 48 ore ti mandano un sms con la risposta.
Sono alcuni esempi di passi avanti concreti che vanno nella direzione anche di battere la corruzione, non a caso in giuria c’era anche il presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Tutto bene, allora? Secondo me no. Nella presentazione dei 15 finalisti (su 104 candidature), dilaga un italiano orrendo. Una lingua nuova, a tratti incomprensibile, che mescola inglese e burocratese con risultati sconfortanti.
Chi sono i city user di un municipio? Perché puntiamo al public engagement? I tools per l’assessment servono? L’allertamento nazionale è una cosa buona? E il superamento dell’approccio adempimentale? E il modello multi-degree feedback? In un progetto ho letto che è stato fatto “un grande sforzo per tradurre il tutto in un linguaggio comprensibile”. Ecco, non abbastanza. Non stai davvero innovando, se non ti fai capire.