Lady Gaga e i social che ormai sono il gabinetto di Internet
Appena scesa dal palco degli Oscar la rockstar di Shallow ci è andata giù pesante: “Quello che hanno fatto alla cultura pop è terribile”, ha detto dei social network. Ha ragione? O forse esiste un modo per evitare che le piattaforme siano un posto dove diamo sempre il peggio di noi?

Partiamo da Lady Gaga. Qualche ora fa, in un popolarissimo show tv, rispondendo ad una domanda sulla straordinaria performance che lei e Bradley Cooper hanno dato la notte degli Oscar - cantando Shallow come fossero perdutamente innamorati uno dell’altra - ha detto: “Prima di tutto, francamente, fatemi dire che i social media sono il gabinetto di Internet”. E poi ha aggiunto: “Quello che hanno fatto alla cultura pop è terribile”, e credo che intendesse che la cultura in questi anni è precipitata in un abisso.
È molto facile in questo periodo sparare a zero sui social. Sono un bersaglio facile e in parte meritato. Si leggono spesso cose orrende o stupidissime; e gli algoritmi invece di proteggerci le enfatizzano, le mettono in evidenza perché fanno traffico e quindi portano soldi. Ma i social non sono il gabinetto della società: sono quello che siamo davvero, senza filtri. Senza la possibilità di riflettere, di moderarci, di contenerci. Sono la rabbia mentre monta, sono lo stadio che grida in coro “devi morire” al giocatore avversario, ma mica lo pensano davvero i tifosi. Sono il fallo di reazione di cui poi ti penti ma resta lì, scritto, a imperitura memoria. Sono le parole moleste di un ubriaco, ma scolpite nel marmo.

Per restare alla metafora di Lady Gaga, da quando esistono i social media è come se in una casa fossero state abolite le pareti: la casa non è il gabinetto, ma è ovvio che il gabinetto senza muri condizioni tutta la casa (e tutti guardano a quello che accade lì). Che fare? Come evitare che il peggio di noi sia ad un clic di distanza dal resto del mondo? È un discorso molto complesso ma una risposta suggestiva la vedo in quello che sta capitando al miliardario e inventore Elon Musk.
La Commissione che vigila sulla Borsa negli Usa lo ha messo sotto accusa perché i suoi tweet prima di essere postati non sono letti da qualcuno che si accerti che non stia sparando balle che poi influenzano il valore azioni in Borsa. Già una volta è stato sanzionato, Musk, con 20 milioni di dollari di multa, ma se ne infischia. Ora la SEC pretende che ci sia qualcuno che rilegga i suoi tweet. Un tutor.
Vuole in pratica che qualcuno rimetta quattro muri attorno al gabinetto di casa Musk. Non fraintendetemi, è bellissimo il fatto di potersi esprimere liberamente, ma ci dovrebbe essere un modo per ridare spazio sui social al meglio di noi; a quello che c’è dopo la rabbia. Con tutta l’intelligenza artificiale di cui si parla, ci vorrebbe un alert automatico che ogni tanto ti dica: sei sicuro di voler scrivere una cosa così idiota? Pensaci bene, non sei così brutto.
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