C’è uno spot che gira in rete da un mese che abbatte in maniera forse definitiva il confine fra il vero e l’immaginario, fra gli esseri umani e quelli creati da un computer e fatti di pixel. Si vede una famosa modella, Bella Hadid, da sola, davanti ad un muro bianco, con una tenuta sportiva che lascia in vista il nome dello sponsor; aspetta qualcuno e dopo pochi secondi arriva, un’altra top model, Lil Miquela, 19 anni, brasiliana-americana; le due donne si avvicinano e si danno un lungo bacio saffico. Il problema, se c’è un problema, è che Lil Miquela non esiste. Nonostante abbia un milione e seicentomila follower su Instagram, non esiste. Nonostante ogni mese 80mila persone ascoltino una sua canzone su Spotify, abbia dato interviste da alcuni festival e si vanti di avere un tatuaggio disegnato da un importante artista, non esiste.
Lil Miquela è un personaggio creato al computer nel 2016 (il 22 aprile il suo primo post su Instagram) da misteriosa startup di Los Angeles, Brun, che ha raccolto diversi milioni di dollari fra i più noti investitori della Silicon Valley. Lil Miquela fa parte di un esercito sempre più numeroso di influencer virtuali. Cioé di persone che hanno un grande seguito sui social media, sono spesso utilizzate dalla case di moda e non solo per promuovere i loro prodotti, ma non esistono.
Non stiamo parlando del fatto di seguire le gesta di un cartone animato, o di un supereroe o del protagonista di un film. In quel caso si capisce benissimo cosa stai facendo. Nel caso degli influencer virtuali invece non è così evidente. Quando la strepitosa modella nera Shud Gram, una specie di Naomi Campbell ma molto più bella, ha rivelato al mondo di essere stata creata al computer da Cameron James Wilson, un famoso fotografo britannico di 28 anni, per di più bianco, qualcuno ci è rimasto male ma il creatore ha spiegato che non si tratta di un inganno bensì di arte. Arte con un forte sapore commerciale perché una casa di moda gli ha commissionato altre top model virtuali da lanciare sui social, e lui ha aggiunto la bianca Margot e l’asiatica Zhi.
Qualcuno arriva a dire che presto gli assistenti vocali che abbiamo nelle case avranno anche sembianze umane: il confine fra Alexa, Siri e queste modelle da computer non è così marcato in fondo.
Ma ha senso seguire un essere umano che non è umano? Sì, se lo sai, se non c’è inganno. Del resto è dura scandalizzarsi per la finzione degli avatar digitali in un mondo, i social, dominato da persone che fanno finta di essere migliori.