Quando è esploso il caso di Anna Frank e degli ultras della Lazio (ma le reazioni registrate in molti stadi mercoledì sera dimostrano che il problema non riguarda solo una squadra e una tifoseria), la prima cosa che ho fatto è stata andare su Amazon e acquistare una nuova copia del celebre Diario, per rileggerla e condividerla con i miei figli. Perché il problema di chi offende un simbolo come Anna Frank è lo stesso di chi sfregia un monumento per rabbia: l’ignoranza. Sicuramente chi lo ha fatto non sa nemmeno chi sia, non sa della guerra, né delle persecuzioni, non sa che aveva solo 13 anni quando ha iniziato a scrivere quelle pagine così emozionanti, e temo che non siano i soli a non saperlo fra i più giovani.
Non è la prima volta che accade qualcosa di simile purtroppo e non sarà l’ultima. Una decina di anni fa ero direttore di un quotidiano molto speciale che avevo contribuito a fondare: Il Romanista. Era un sabato e c’era stato il derby primavera a Formello, al centro sportivo della Lazio. A livello “primavera” i calciatori sono molto giovani, attorno a 18 anni, è un calcio di talenti che sognano il debutto in serie A. Dovrebbe mettere in mostra la mejo gioventù anche nel tifo. E invece quel giorno, sulla tribunetta di Formello un gruppetto di ultras iniziò a cantare dei cori in cui accusavano i romanisti di essere ebrei (come se fosse o potesse mai essere una colpa, o una causa di scherno). Il cronista del Romanista registrò i cori, venne in redazione, a via Barberini 11, e pubblicammo tutto. Naturalmente ci fu uno scandalo, non grande come quello di Anna Frank, ma se ne parlò in Parlamento per dire; naturalmente il presidente della Lazio Claudio Lotito mi accusò di essermi inventato tutto per danneggiare la sua squadra, ci fu anche un duro confronto pubblico, mi pare in una delle sale del CONI, al Foro Italico; dovrebbe esserci in rete un video in cui lui mi accusa di essere un bugiardo e io provo a fargli sentire la registrazione del coro di Formello e lui se ne va inveendo contro di me. Non lo ricordo per fare polemica, non serve. Lo ricordo perché allora decidemmo che la cosa migliore da fare era investire sulla cultura. E allora andammo da Roberto Benigni e gli chiedemmo il permesso di portare in edicola con il quotidiano il suo film più bello, La vita è bella, dedicato appunto all’Olocausto. E lui disse sì, e anche Vittorio Cecchi Gori, che del film deteneva i diritti disse sì, e distribuimmo quel capolavoro da Oscar con un giornale che parlava solo di calcio, e credo che qualcuno, quel giorno, qualcosa in più abbia capito. Perché l’unica cosa che dobbiamo temere davvero è l’ignoranza. E la violenza che quasi sempre genera.
Per questo oggi su Twitter ho deciso di condividere 10 fra le frasi più belle di un libro che tutti i ragazzi dovrebbero leggere. Sono queste.
Come è meraviglioso che non vi sia nessun bisogno di aspettare un singolo attimo prima di iniziare a migliorare il mondo.
So quello che voglio. Ho uno scopo, un pensiero, ho la fede e l'amore. Permettetemi di essere me stessa e sarò soddisfatta.
Chiunque è felice renderà felici anche gli altri.
Anche se si è ancora molto giovani, non dovrebbero impedirti di dire quello che pensi.
Anche le donne dovrebbero essere rispettate! In generale, gli uomini sono molto stimati in ogni parte del mondo, quindi perché non dovrebbero esserlo anche le donne?
Le donne, che lottano e soffrono per assicurare la sopravvivenza della razza umana, sono soldati molto più forti e coraggiosi di tutti quegli eroi che lottano per la libertà messi insieme!
Ognuno di noi ha dentro di sé una buona notizia. Ed è che non si sa quanto grande si può essere! Quanto si può amare! Che cosa si può realizzare! E quale sarà il nostro potenziale!
Le conservo ancora [tutte le mie speranze], nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.
Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo.
Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora.