Se potessi scommettere un euro su quale sarà la app dell’anno, quella di cui tutti parleranno nei prossimi mesi, scommetterei su Houseparty. Se avete figli adolescenti probabilmente la usano già. E’ una app che consente di fare videochiamate collettive, si possono aggiungere fino a dieci amici trasformando ogni telefonata in una festa, da qui il nome Houseparty, festa in casa. E’ stata lanciata nel febbraio del 2016, subito adottata nelle scuole e nelle università americane e adesso è diventata un fenomeno: ha un milione di utenti al giorno, a dicembre ha ricevuto 50 milioni di dollari da parte di un gruppo di investitori ed ha appena ricevuto il guanto di sfida di Facebook.
La sfida è molto semplice: o Facebook si compra Houseparty, oppure se ne fa un altro uguale, c’è già il nome, si chiama Bonfire ed è in rampa di lancio nei prossimi mesi. In palio c’è un mondo e un mercato che Facebook non riesce a raggiungere: gli adolescenti che preferiscono Instagram e Snapchat e che considerano Facebook una roba da vecchi, buona per i genitori.
Per questo, quando i sensori di Mark Zuckerberg hanno avvistato che qualcosa di nuovo stava crescendo, lo scorso febbraio ha scritto un lungo post solo per i suoi utenti adolescenti che iniziava così: Ehi voi, usate Houseparty? E sono iniziate le manovre di avvicinamento per comprarsela (una via già seguita con successo per Whatsapp e Instagram). Ma i due fondatori resistono: si chiamano Ben Rubin e Sima Sistani, hanno quasi 40 anni, una bella sede in un quartiere alla moda di San Francisco e sono già rimasti scottati una volta.
Quando, qualche anno fa, fecero la prima app per mandare i video in diretta su Twitter, si chiamava Meerkat, poi Twitter si è fatto la sua e anche Facebook ha introdotto i video dal vivo e loro hanno chiuso. Ora sono in una situazione simile. Hanno avuto una buona idea, l’hanno anche realizzata bene ma non basta se chi ti copia ha molti più soldi di te. Facebook contro Houseparty è come Davide contro Golia. Ma già una volta Davide ha vinto.