Da qualche settimana è praticamente impossibile evitarli. Non mi riferisco al duello rusticano fra Salvini e Di Maio ma all’ottava e ultima serie di Game of Thrones, il Trono di Spade, che finisce domenica 19 maggio contemporaneamente in più di 170 paesi. Sui profili social è tutto un dire e non dire, raccontare senza spoilerare, cioé anticipare il finale (anche se uno scienziato ha dimostrato che gli spoiler fanno piacere a chi li subisce, non vi consiglio di farlo); mentre i siti di tecnologia praticamente dal 14 aprile, quando è andato in onda il primo dei sei episodi finali, danno più spazio a questa saga che alle recensioni sui telefonini.
Non sono un fan di Game of Thrones: ho appena iniziato a vederla e sono arrivato arrancando alla seconda serie. Ma mi interessa perché si tratta di un fenomeno mai visto nella storia della tv e che racconta meglio di qualunque ricerca cosa è diventata la televisione al tempo di Internet. L’unico precedente che mi viene in mente è Lost, le avventure paranormali di un gruppo di persone che finiscono su un’isola deserta: sei stagioni, 114 episodi, l’ultimo trasmesso nel 2010 in un clima di attesa che ricorda quello di questi giorni. Ma allora i social media erano agli albori, e lo streaming online era rudimentale e spesso clandestino.
Adesso la tv è diventata questa cosa qui: un po’ grande schermo, molto telefonino, moltissimo social, con affollatissimi forum dove riempirsi di spoiler, meme e gif a vicenda (come questo) e siti con l’indice di gradimento degli utenti per ogni puntata aggiornato in tempo reale manco fossimo a Wall Street (tipo rotten tomatoes). Al punto che nel 2018 il numero di show prodotti per lo streaming ha superato quelli per la tv tradizionale.
Mi chiedo da settimane perché Game of Thrones, e prima non a caso Lost, sia diventato un mito per tutti gli appassionati di tecnologia visto che nella serie ce n’è pochissima, è una roba medievale a base di spadoni d’acciaio e teste mozzate (in media ci sono 14 uccisioni a puntata, una ogni tre minuti e mezzo). Non l’ho capito, ma mi sono annotato una frase attribuita all’ex capo della casa di produzione HBO, Richard Pepler, che è considerato il vero papà della serie scritta da David Benioff. A proposito di come è nata, di come venne deciso di investire la cifra record di 100 milioni di dollari a stagione, dice in sostanza che dietro non c’è un algoritmo e che anzi è impossibile analizzare dei dati per ricavarne la certezza che la gente guarderà uno show di draghi: “Dieci anni fa le persone non guardavano show con i draghi. Se vuoi creare una cultura nuova non ti puoi affidare ai dati. Quelli raccontano il passato. Se segui i dati finirai con il fare soltanto cose che già esistono”.
L’ho annotata perché mi ricorda moltissimo la frase più celebre attribuita ad Henry Ford a proposito dell’invenzione dell’automobile: “Se avessimo chiesto alle persone cosa volevano, ci avrebbero risposto un cavallo più veloce”. La formula del’innovazione in fondo è sempre quella: visione più coraggio.