Credo che qualche giorno fa la notizia del gabinetto del futuro sia stata largamente sottovalutata. Eppure anche da lì passa il famoso mondo migliore di cui parliamo sempre quando ci occupiamo di innovazione: da un gabinetto per tutti. Non è un modo di dire: se è vero che la metà degli abitanti del pianeta terra sono ancora senza Internet, e questo non è un bene, è molto più rilevante tenere presente che uno su tre (oltre due miliardi di persone) ancora non dispone dei servizi sanitari igienici essenziali. Tradotto: di un gabinetto allacciato ad una fogna.
La cosa può sembrare poco poetica e invece lo è al punto che qualche giorno fa l’uomo più ricco del mondo, che è anche quello che ha - di fatto - inventato i personal computer quando era alla guida di Microsoft; sì, Bill Gates è salito sul palco di una fiera di Pechino in Cina brandendo un barattolo di vetro contenente qualcosa di molto familiare: feci umane. La prossima rivoluzione dell’umanità riguarda i gabinetti, ci ha detto dal podio, non prima di averci ricordato che quel barattolo, simile a quelli dove mettiamo la marmellata della nonna, conteneva 200 trilioni di cellule di rotarovirus, 20 miliardi di batteri Shigella, e 100 mila uova di parassiti. E che in molti paesi del mondo questo variegato esercito finisce per avvelenarci.
È da un po’ che Bill Gates, attraverso la Fondazione che guida con la moglie Melinda, si occupa di questi temi (“non avrei mai immaginato che un giorno sarei diventato un esperto di cacca”, ha detto Gates a un giornalista subito prima della fiera cinese, “e mai potevo pensare che un giorno mia moglie Melinda mi avrebbe chiesto di non parlarne almeno a tavola...”). Già nel 2011 aveva invitato alcune università americane a progettare “il gabinetto del futuro” assegnando a ciascuna un budget di 400 mila dollari (l’anno dopo vinse il prototipo del California Institute of Technology che andava ad energia solare, non aveva bisogno di un allaccio fognario e trasformava feci e urine attraverso una reazione chimica in idrogeno e fertilizzanti).
Un paio di anni dopo a Seattle un tale ha invece realizzato un complesso macchinario (qui è spiegato bene) in grado di trasformare il tutto in deliziosa acqua potabile, come disse Bill Gates in un indimenticabile video in cui sorseggia il liquido trasparente che esce dall’Omniprocessor. (e quella bevanda gli è talmente piaciuta che qualche settimana dopo ha voluto ripetere la performance, stavolta in tv, al Tonight Show con un esterreffatto ma complice Jimmy Fallon al quale aveva messo davanti due bicchieri, uno con acqua minerale e uno con acqua estratta dalle feci sfidandolo a indovinare quale fosse; c’era un trucco ma non spoilero quale fosse).
Insomma la grande fiera di Pechino (“Reinvented Toilet Expo”) non arriva per caso: è stata organizzata e finanziata con circa 200 milioni di dollari in ricerca scientifica, dalla Fondazione Gates, e ci mette davanti ai venti progetti migliori del mondo, ormai non solo prototipi ma prodotti pronti per sbarcare sul mercato. Sono piuttosto diversi, ma hanno un filo conduttore comune: sono tutti indipendenti dal fatto che ci sia una fogna; sono tutte soluzioni off-grid, staccate dalle reti esistenti (acqua e luce) e quindi autosufficienti. Trasformano feci e urine in energia elettrica più qualcos’altro di utile. Se non è largamente sottovalutata una notizia del genere ditemi voi cos’altro lo è.
Non a caso la fiera si è svolta in Cina: il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato la “toilet revolution” per rivedere il sistema sanitario di oltre un miliardo di persone. Si apre insomma un mercato colossale che potrebbe autofinanziarsi perché il costo giornaliero del gabinetto dovrebbe essere inferiore al valore di quello che il gabinetto produce. “Le aziende innovative hanno la possibilità di fare del bene facendo soldi”, ha detto alla fiera Kinya Seto, presidente del colosso giapponese delle costruzioni LIXILL, che ha parlato di una nuova era di “safe sanitation”.
Insomma, il mondo ha bisogno di gabinetti migliori. Al punto in cui siamo, ha detto Gates chiudendo il suo discorso, la domanda non è più se possiamo farlo, ma entro quando tempo lo faremo. Speriamo facciano in fretta.