Purché la scuola di fake news non diventi una fake news

Mi chiedo: se 126 milioni di americani hanno visto post scritti su Facebook sotto mentite spoglie dai russi, che può fare uno studente?

Purché la scuola di fake news non diventi una fake news

È cosa buona e giusta che la scuola si occupi delle cosiddette fake news, o delle bufale come le chiama la presidente della Camera Laura Boldrini. E sono lodevoli le intenzioni del progetto della ministra Valeria Fedeli per far sì che in classe i docenti insegnino anche a come difendersi dalle tante balle che girano in rete. È meritorio aver sollevato il tema ma c’è un fortissimo rischio che questa cosa si riduca all’ennesimo annuncio sulla scuola cui poi non segue nulla o quasi e che la stessa “scuola di fake news” si riveli alla lunga una fake news. Ce la vedete nelle nostre scuole senza banda larga e con i bagni rotti, con le assenze quotidiane dei supplenti e la mancanza cronica di tempo per finire i programmi, le riuscite a immaginare queste ore dedicate a scovare le bufale?

Purché la scuola di fake news non diventi una fake news
Valeria Fedeli 

In un certo senso non c’era neanche bisogno di lanciare questa iniziativa: educare al pensiero critico dovrebbe già essere il primo obiettivo di una istituzione scolastica. Ma con la rete qualcosa è cambiato, siamo tutti produttori e distributori di notizie o presunte tali e in questa confusione i più giovani - che sono nati con uno smartphone in mano - è naturale che fatichino a distinguere una fonte autorevole da una che non lo sè. Quando mia figlia, 12 anni, mi racconta una balla clamorosa che lei ritiene una verità e io le chiedo “dove l’hai letto?”, lei mi dice: “Su Instagram”. E lo dice come se fosse il New York Times.

Inoltre la rete non è costruita per premiare i contenuti veritieri ma i più cliccati: fino a qualche settimana fa, se su Google scrivevate “Hitler” il primo risultato erano “i 10 motivi per cui era buono” (poi una campagna del Guardian ha costretto Google a intervenire sull’algoritmo). Ma nel calderone delle notizie false c’è di tutto ormai: ci sono le opinioni, che notizie false non sono anche se i politici ormai chiamano fake news qualunque cosa dica un avversario; e c’è la propaganda, come quella di alcune agenzie russe per influenzare le elezioni americane. Ma mi chiedo: se 126 milioni di americani hanno visto post scritti su Facebook sotto mentite spoglie dai russi, che può fare uno studente? Nulla.

Uno studente, ma vale per l’opinione pubblica in generale, deve imparare a diffidare di quello che legge, vede e ascolta, non solo in rete ovviamente perché le bufale non sono nate col web (qualche giorno fa il Financial Times ha ricostruito i fatti che portarono alla nascita dell’Impero Romano, raccontando il tutto come una battaglia di fake news fra Augusto e Marco Antonio).

Ma uno studente non può diventare un detective antibufale. Quel  compito spetta ai giornalisti che per passione, per mestiere e per missione dovrebbero essere cercatori instancabili di verità. Distinguiamo i compiti. Se mi fa male un dente la rete non mi serve per scoprire come curarmelo, ma a trovare il dentista più bravo. Ma oggi chi si fida dei giornalisti? La sfida alle bufale passa solo da qui: da un giornalismo migliore di cui tutti possano fidarsi.

 

 


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