Uno su mille su ce la fa. E quell’uno in Italia si chiama Federico Marchetti. Ha 49 anni e oggi ha annunciato che il il gruppo svizzero Richemont ha offerto di comprare il 100 per cento delle azioni di Yoox-Net a Porter (Ynap) valutandola 5,3 miliardi di euro. Non è una notizia finanziaria e basta questa: è una favola, ogni tanto succedono, che ci dice molte cose su come funziona e non funziona l’innovazione in Italia. Federico Marchetti non era un predestinato: nasce a Ravenna nel 1969, il papà era un dipendente della FIAT, la mamma lavorava alla SIP, la compagnia telefonica dell’epoca.
Lui a scuola era bravo, anzi bravissimo: racconta che a volte si sforzava di prendere solo 6 per non passare per secchione con le ragazze. Voleva fare Medicina, ma a Bologna avevano messo il numero chiuso e lui di passare l’estate a studiare, lui che era cresciuto sulla riviera romagnola, non aveva voglia; così per caso si trovò ad affrontare il test di ingresso alla Bocconi. Lo passa, si laurea in Economia col massimo dei voti, vola a New York per un master alla Columbia e per tre anni lavora a Leman Brothers “non per fare il banchiere ma per imparare più cose possibili”.
Torna in Italia assunto da una grande società di consulenti d’azienda. Fu orribile, ricorda. Dura tre mesi e si licenzia. E’ il 1999, il web è l’ultima moda e lui ha l’intuizione della vita: portare la moda sul web. Creare un sito per comprare capi di abbigliamento firmati. Per i tempi era una rivoluzione, Amazon era appena nata e vendeva libri e basta. Marchetti costruisce un business plan che sta in piedi come tutti i business plan, ma per partire ha bisogno di soldi. Tanti.
Serve qualcuno disposto a rischiare i suoi capitali: a gennaio del 2000 bussa alla porta del più bravo venture capitalist, l’ex amministratore delegato di Olivetti Elserino Piol; e in tre settimane ottiene tre miliardi di lire, un milione e mezzo di euro, per il 33 per cento della futura società. Un milione e mezzo di euro: ma quale startupper oggi potrebbe mai ottenere una cifra simile prima ancora di partire? Nessuno. E infatti non accade. E’ questo il nostro problema (a parte il fatto che da lì in poi Marchetti i suoi investitori li ha dovuti trovare all’estero).
La startup di Marchetti, Yoox, nasce il 21 marzo 2000, primo giorno di primavera; parte il 21 giugno dello stesso anno (primo giorno d’estate, e lo stesso giorno registra la prima transazione, un vestito comprato dall’Olanda, questo per ricordare che Yoox fu da subito un progetto globale); e il 21 gennaio di 18 anni dopo passa di mano ad una valutazione diventata astronomica. Chissà se questi tre 21 sono solo un caso, forse sì, ma fermatevi un istante sui numeri: parte con tre miliardi di lire (per il 33 per cento del valore totale) e oggi il 100 per cento vale quasi tre miliardi di euro. In 18 anni.
In mezzo c’è stato tanto lavoro. Una ossessione “giappponese” per la soddisfazione dei clienti. E c’è stata la crisi della digital economy che è arrivata subito, quando Marchetti era appena partito, roba che avrebbe ammazzato chiunque; e poi quella globale del 2008, alla vigilia della quotazione in Borsa; crisi superate con una combinazione perfetta di persone e tecnologia (che poi sarebbe il significato recondito del nome Yoox, “la x e la y dei cromosomi che circondano due zeri del codice binario”). La fusione con Net-a-porter nel 2014 è stato il passo fondamentale per diventare grandi davvero “perché non conta avere il 51 per cento, conta il valore della società”.
Ho incontrato Federico tante volte in questi anni (qui fa un keynote in occasione della premiazione come startupper dell'anno nel 2015; e qui lo intervisto per Repubblica delle Idee a Ravenna nel 2014).
E una volta, parlando del suo successo - un caso unico, non raro - e delle nostre startup, mi ha detto: le nozze con i fichi secchi (quelle che ha fatto lui, immagino, che pure è partito con tre miliardi di lire) riescono una volta su dieci. Io ce l’ho fatta, ha aggiunto, anche perché ai tempi sul web eravamo in pochi, ma non è più così, l’Italia ormai deve pensare in grande, per fare altre Yoox servono grandi capitali.
Lo dico in un altro modo: serve subito un piano visionario e coraggioso che rimetta al centro della strategia nazionale l’innovazione.
Il post è stato corretto alle 22.56 di lunedì, la valutazione di Yoox Net-a-porter fatta da Richemont è di 5,3 miliardi di euro.