Anche i robot perdono il lavoro. Vengono licenziati. Eppure questa non è una storia triste, anzi, ha pure tratti di comicità involontaria.
Il fatto che le cose non funzionassero nel primo robot hotel del mondo, che naturalmente è in Giappone, è stato chiaro quando il cliente Yoshihisa Ishikawa è andato a protestare perché durante la notte l’assistente vocale a forma di bambola continuava a svegliarlo con la stessa frase: “Scusa, non ho capito quello che hai detto, puoi ripetere la domanda?”. E si è scoperto che si attivava automaticamente ogni volta che il cliente russava forte.
Insomma questa è la storia di una nuova frontiera che non c’era, l’hotel Hen’na, che vuol dire “l’hotel Strano”, aperto nel 2015 e subito entrato nel libro dei record perché era il primo interamente robotizzato. Praticamente un parco a tema. Un luogo che in fondo doveva divertire i clienti e rafforzare la convinzione di un primato del Giappone nella tecnologia.
Debutta con 80 robot ed è subito un successo. Piacciono i velociraptor robotici che ti fanno il check-in e ancora di più i robot ballerini che ti accolgono all’ingresso. Ben presto i robot diventano 243, ma adesso più della metà sono stati licenziati, o meglio rottamati. La cosa interessante è che non sono stati sostituiti da robot nuovi e più performanti, ma da esseri umani. E non è un caso.
A forza di magnificare le sorti dei robot e dell’intelligenza artificiale a volte ci dimentichiamo che non c’è nulla al mondo che funzioni bene come un essere umano, nulla che abbia la nostra capacità di imparare, di capire, di sciogliere enigmi e trovare percorsi, di evolvere. E di durare.
Dopo appena quattro anni dal loro inizio attività, i robot dello Strange Hotel erano già vecchissimi, in qualche caso ridicoli. I ballerini erano tutti in manutenzione, l’assistente vocale nelle camere non riusciva a spostare un volo aereo, una lacuna imperdonabile visto che in camere non c’era il telefono per parlare con un essere umano; e il robot pianista della lobby faceva solo finta di suonare una musica registrata.
Non stiamo dicendo che i robot non arriveranno mai, anzi, modelli più evoluti sono appena stati presentati al CES di Las Vegas e l’italiano Carlo Ratti sta lanciando Guido, un chiosco che si guida da solo e ti fa anche il caffè. Ma il fatto che un robot possa fare qualcosa non vuol dire che la debba anche fare: l’errore più comune è trattarli da umani, pensare che siccome possono avere una forza fisica superiore e una capacità di calcolo inarrivabile, siano anche umani.
Come se noi umani fossimo solo questo: forza bruta e calcolo. Ma noi siamo tutto il resto. Ed è per questo che se sapremo gestire questa rivoluzione vinceremo noi.