Facebook non ha inventato la morte in diretta. Che è invece nata alla radio e in tv. La differenza con il passato però è eclatante. Radio e tv sono mass media, mezzi di comunicazione di massa, e un killer per mostrare alle masse il suo crimine deve irrompere in un programma in diretta e uccidere. Facebook invece è un personal mass media, un mezzo di comunicazione di massa personale, a disposizione di ciascuno di noi: ci basta spingere un tasto e siamo in diretta col mondo. Per questo è più giusto dire che Facebook ha inventato la vita in diretta, con le sue meraviglie, le sue miserie e i suoi orrori. Comprese le violenze e persino la morte. Come è accaduto il giorno di Pasqua a Cleveland, dove un certo Steve Stephens, 37 anni, per vendicarsi di una storia d’amore finita male, ha sparato ad un incolpevole passante, Robert Godwin, 74 anni, e lo ha ucciso postando il video sul suo profilo Facebook.
E’ colpa dei social network la violenza del mondo? Ovviamente no. E’ colpa di Facebook il crimine di Steve Stephens? No. Sono i numeri a dirlo: ogni minuto su Facebook vengono pubblicati oltre tre milioni di post: tre milioni e 300 mila ogni minuto. Ogni giorno dell’anno. E noi stiamo qui a parlare del singolo post di Steve Stephens del 16 aprile 2017. Se anche i post inopportuni e violenti fossero uno al minuto, invece che uno ogni tanto, come capita adesso, sarebbero uno ogni tre milioni e 300 mila. Una percentuale infinitesima. Il lato oscuro del mondo è molto più grande, lo sappiamo tutti. Facebook ci restituisce, statisticamente, un mondo persino migliore di quello che è.
Ma torniamo al post di Steve Stephens. Che in realtà sono tre. Il primo video, quello con l’intenzione di uccidere, è delle 11.09 e nessun utente lo ha segnalato. Il secondo video, l’esecuzione del pensionato, è delle 11.11 ed è stato condiviso qualche milione di volte prima che, quasi due ore dopo, alle 12.59, qualcuno si decidesse a segnalarlo. Nel frattempo il killer era andato live per cinque minuti alle 11.22 per raccontare il misfatto e quel video era stato segnalato subito: alle 11 e 27. E Facebook che ha fatto? E’ intervenuta, ma alle 13 e 22, cancellando tutto. Troppo tardi. Davvero troppo tardi, lo hanno detto tutti, compreso il vice presidente di Facebook. Non ci sono scuse. Faranno di più, dicono adesso. Sarà più facile segnalare contenuti inopportuni. Mi pare il minimo.
Ma in questa vicenda colpisce anche il fallimento degli algoritmi: i famosi algoritmi di Facebook che dovrebbero segnalare automaticamente un post violento. Nel caso di Steve Stephens, secondo la ricostruzione fatta da Facebook, ci sono state solo segnalazioni “umane”: se gli algoritmi c’erano, dormivano. Beh, se questo è il livello raggiunto dall’intelligenza artificiale, ci tocca ancora sperare che l’intelligenza umana si ricordi di essere tale. In che modo? Per esempio segnalando un post violento invece di condividerlo. Milioni di persone, condividendo quei video di Steve Stephens, si sono comportate come quegli automobilisti che davanti ad un incidente, invece di chiamare i soccorsi, rallentano per dare una sbirciata ai feriti fra le lamiere. Anche qui, Facebook non ha inventato nulla.