Ora che la polemica si è placata, vale la pena di tornarci su per capire come stanno le cose. Mi riferisco all’infelice frase del ministro del Lavoro Giuliano Poletti che in un incontro di due ore a un certo punto ha detto che per trovare un lavoro una partita di calcetto a volte è più utile di mandare un curriculum. Non si riferiva alla necessità di fare sport per stare in forma, ma di coltivare le relazioni sociali (in questo video lo chiarisce). Farsi degli amici. Per trovarsi un lavoro sono più utili di quello che hai studiato e che sai fare, era la morale. Il che è vero, purtroppo, in un paese, il nostro dove le raccomandazioni e le spintarelle sono la norma. Quanto al curriculum, è noto che da solo non basta ad aprire le porte di una nuova occupazione. Ci fanno commedie da una vita su questo filone.
Ma il ministro del Lavoro non deve parlare come Checco Zalone, non deve far ridere. E piuttosto che invitare i giovani a farsi raccomandare, anche perché lo sanno già che quella è la strada più sicura, semmai suggerisce loro altre cose da fare, meno note e di sicuro effetto per non restare disoccupati. Ruotano quasi tutte attorno all’imparare ad usare Internet davvero, alle competenze digitali (tema peraltro su cui il ministro si è impegnato a varare alcuni progetti non male, quindi sa di cosa parliamo). E quindi per esempio:
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studiare i social media come strumento di marketing;
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diventare sviluppatori di app;
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diventare esperti di sicurezza informatica;
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diventare esperti di big data e quindi analisti in grado di estrarre valore e conoscenza dalle grandi quantità di dati presenti in rete;
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diventare hacker civici in grado di proporre alla pubblica amministrazione soluzioni che migliorino la vita dei cittadini;
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diventare esperti di trasparenza ovvero di piattaforme che mettono in rete tutti i dati pubblici per consentire un monitoraggio civico degli amministratori;
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imparare a girare video di qualità per YouTube e altre piattaforme;
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imparare ad usare Arduino per creare oggetti intelligenti;
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imparare a stamparsi un oggetto in 3D per diventare un artigiano digitale.
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e infine provare a fare una startup, una impresa nuova, rischiosa magari, ma con gli ingredienti di innovazione che potrebbero farla scalare in fretta e diventare grande. Ormai in Italia è facile partire, si trovano anche i primi soldi, ci sono tanti bandi.
E se proprio vi piace il calcetto fate come quei ragazzi che ci hanno fatto sopra una app e una startup: si chiama Fubles e fa giocare 600 mila persone. Ecco cosa dice ai giovani il ministro del Lavoro di un paese che costruisce il futuro.