Il 1 dicembre 2015, in occasione della nascita della prima figlia, Maxima, Mark Zuckerberg e la moglie Priscilla Chan si sono fatti un regalo: hanno creato una società con il compito di promuovere l’eguaglianza e lo sviluppo del potenziale umano in quattro campi: salute, energia, istruzione e ricerca scientifica. Dotazione, fino a 1 miliardo di dollari in azioni di Facebook ogni anno per tre anni. Quella iniziativa, la Chan Zuckerberg Initiative, non era affatto il primo esempio di capitalismo filantropico dalle parti di Silicon Valley. Ed anzi, all’inizio molte critiche si sono levate: perché fare una società di capitali e che quindi ha come scopo il profitto e non una fondazione benefica? Critiche che non si sono attenuate dopo le prime due mosse: l’acquisizione di due promettenti startup nel campo dell’istruzione una in Africa e uno in India. Dal fondatore di Facebook, e sesto uomo più ricco del mondo, ci si attendeva molto di più, qualcosa di speciale, qualcosa di globale. Come l’annuncio appena fatto.
L’acquisto di Meta, la startup creata nel 2010 da un giovane scienziato canadese: Sam Molineux. Obiettivo, usare l’intelligenza artificiale per mettere assieme tutte le ricerche scientifiche del pianeta. E renderle accessibili a tutti. Di cosa parliamo? Parliamo, solo nel campo della biomedicina, di quattromila ricerche scientifiche pubblicate ogni giorno. Chi può leggerle? Di fatto, nessuno o quasi. E allora, come far sì che l’intuizione di uno scienziato possa essere utile alle ricerca di un altro scienziato in modo che tutto il mondo possa averne un vantaggio? Come collegare i puntini? La risposta di Meta è stata l’intelligenza artificiale, ovvero uno strumento in grado di leggere quei testi, capirne il senso profondo e metterli in relazione ad altre ricerche simili. Vi sembra poco? Immaginate se le menti di tutti gli scienziati del mondo potessero lavorare assieme. Non ci sarebbero più limiti alle soluzioni dei problemi che l’umanità ha davanti. Ora è possibile. Meta funziona già: ha a bordo 1200 istituzioni. Con la spinta di Zuckerberg può davvero cambiare la scienza. E il mondo.