Il Pd sceglie la tregua interna in vista del voto in Sicilia. Poi si vedrà
Il segretario Matteo Renzi cerca di rassicurare il partito. Ma tra i dem è solida la consapevolezza che D'Alema e Bersani punteranno a far perdere il Pd

C'è un'ala del partito che imputa a Renzi di utilizzare toni troppo populisti, di volersi sganciare dal rapporto solido tra il Pd e il governo, con una campagna dai toni usati dall'opposizione. Dietro le quinte, i ragionamenti di molti non renziani sul post-Sicilia, con una possibile sconfitta netta del candidato Micari, sono legati alle Politiche: non può essere Renzi il candidato di un centrosinistra ampio. Tutte interpretazioni che i fedelissimi dell'ex premier rispediscono al mittente: dopo il 5 novembre non succederà nulla, non ci sono gli strumenti per riaprire la partita sulla leadership.
Renzi cerca di rassicurare il partito
In realtà se ieri non si erano ancora depositate le scorie della questione Bankitalia e dello strappo di Grasso oggi si può dire che a Portici, alla conferenza programmatica dem, si sia siglata la 'tregua' interna. Renzi ha incontrato Emiliano, ci sono stati contatti anche con le altre anime del partito. L'intenzione del presidente del Consiglio è quella di rassicurare il partito sulla vocazione del Pd: forza di governo, che sostiene Gentiloni, che può avere anche opinioni differenti dal presidente del Consiglio ma sarà sempre leale.
Il segretario dem prenderà la parola domani, rivendicherà il metodo del confronto con il Paese e anche la decisione di schierarsi contro la conferma di Visco. Ma - spiegano i renziani - essere in campagna elettorale non vuol dire marcare le distanze con l'esecutivo. Nel Pd si sostiene che si sta trattando sui collegi, sulle quote di candidature da assegnare, non solo alla minoranza. Una partita che dovrebbe trovare un punto di convergenza già prima delle elezioni siciliane.
Ma Renzi, sottolineano fonti parlamentari, ha fatto sapere di non avere intenzione di 'blindare' le liste, ovvero di volersi aprire non solo sul programma e sulle alleanze, ma anche sui nomi da schierare in campo. L'obiettivo principale è comunque quello di costruire un'alleanza forte. Partendo dai temi rilanciati a Portici, tra cui meno tasse, sì allo ius soli e più lavoro. Oggi alla conferenza programmatica del Pd a Portici erano presenti Nencini, il ministro Galletti, il pisapiano Stefano, il verde Bonelli, Leoluca Orlando. Tutti chiamati a rivolgere un appello al Pd ad aprire le porte. "Ha ragione il sindaco di Palermo - dice Delrio -. Noi ci abbiamo provato a mettere su un alleanza con Mdp".
"Bersani e D'Alema vogliono fare perdere il Pd"
La consapevolezza dei dem è che Bersani e D'Alema vogliano far perdere il Pd, che non apriranno mai. Ma i vertici del Nazareno comunque rilanciano l'invito a tutti gli attori nel campo del centrosinistra a mettere da parte i personalismi e i veti personali. Operazione destinata forse a non avere soluzioni. Ma in ogni caso - questa la convinzione dei renziani - non ci sarà alcun assedio, Renzi andrà avanti e comunque non ha detto che sarà lui per forza il candidato premier.
Si capirà più avanti se l'obiettivo dell'unità del partito sarà raggiunto. "Il problema non è Renzi", dice Cuperlo. E anche gli altri ministri dem smorzano sul nascere le aspettative di chi vorrebbe un cambio di rotta per il post 5 novembre. "Leggo che attenderemo le lezioni in Sicilia per chiedere una svolta ma io la svolta l'ho chiesta candidandomi al congresso del partito e non ho bisogno di aspettare le elezioni in Sicilia", dice Orlando che comunque non risparmia critiche: "Il centro sinistra va costruito, oggi non c'è. Non bastano gli appelli unità, bisogna lavorare per l'unità". "Leggo di resa dei conti nel Pd dopo le elezioni siciliane. Sorry, lavoro per unire e allargare il campo, non certo per dividere ancora di più", ha messo in chiaro anche Franceschini. "È sbagliato assimilare il voto in Sicilia come un test nazionale", sottolinea anche la ministra Pinotti.
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