Due sono i numeri che tormentano i sonni agitati dei parlamentari Pd in cerca di rielezione: 21 e 353. Il primo è l’articolo dello statuto del Partito democratico che al comma 3 limita a tre i mandati dei parlamentari, il secondo è il numero dei collegi uninominali di Camera, Senato e circoscrizioni estere.
Nel primo caso a tremare sono i 76 tra deputati e senatori di lungo corso. Tra loro oltre allo stesso premier Paolo Gentiloni, ministri, i due capigruppo di Camera e Senato, i leader delle minoranze interne. I nomi più importanti sono quelli di Dario Franceschini, Andrea Orlando, Marco Minniti, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Gianni Cuperlo, Teresa Bellanova, Ettore Rosato, Luigi Zanda, Marina Sereni, Roberto Giachetti, Giuseppe Fioroni. Rosy Bindi, invece, ha già fatto sapere che non intende ricandidarsi. Va detto che non tutti sono realmente sub iudice: innanzitutto alcuni, come Orlando, Rosato o Emanuele Fiano, potrebbero essere ‘salvati’ dalla interpretazione che fu usata in passato per cui 3 legislature si deve intendere come 15 anni, mentre la legislatura 2006-2008 durò appunto solo due anni. In tal caso sarebbero ‘solo’ 32 i parlamentari con più di 15 anni di anzianità.
E poi esistono le deroghe, che vanno decise dalla direzione del partito a maggioranza assoluta e con votazione su una relazione motivata. Ma anche le deroghe hanno un limite: non possono superare il 10% del numero dei parlamentari uscenti, quindi ora non possono essere più di 38 e non è detto che Matteo Renzi accetti di arrivare al tetto massimo di deroghe. Più volte ha detto che intende candidare esponenti della società civile e millennial, lo spazio per i seniores potrebbe essere assai limitato.
Diverso il discorso dei collegi. La competizione diretta con gli altri partiti e la vastità dei collegi preoccupa chi dovrà correre con il sistema maggioritario dopo anni di sistema bloccato. Tutti preferirebbero dunque venire candidati nel sistema proporzionale che, per un meccanismo di elezione, dà maggiori garanzie di successo almeno al primo del listino. Insomma, le prossime settimane partirà la caccia alla candidatura e il Transatlantico è pieno di capannelli in cui già si discute di capilista e collegi. I tempi, del resto, non sono troppo lunghi: sempre in base allo statuto del partito entro i primi di gennaio si dovrà decidere il regolamento per le candidature, a meno che le Camere non vengano sciolte prima, e dalla riunione della direzione che deciderà il regolamento partirà lo show down che deciderà il futuro dei 381 attuali parlamentari del Pd.