Cosa c'entra il voto in Sicilia con la resa dei conti nel Pd

Se Micari arrivasse quarto, si riaprirebbe la discussione sulla leadership nel partito

Cosa c'entra il voto in Sicilia con la resa dei conti nel Pd

Nel Pd, sotto traccia, non ci si nasconde che una sconfitta di Micari in Sicilia potrebbe essere uno scenario da considerare anche al di là della scaramanzia di rito e che occorrerà, nel caso in cui davvero si concretizzasse, verificare con quale proporzioni, "perché - attaccano dalla minoranza Dem - se dovesse arrivare quarto sarebbe una tragedia". 

Non è solo l'area di Orlando, che nell'eventualità di una disfatta dem ("ma i voti di lista saranno maggiori rispetto a quelli al candidato", dicono i renziani) chiederà di aprire una riflessione all'interno del Partito democratico. I fedelissimi del segretario Pd lo hanno messo in conto da tempo. Ma la linea è una sola: "Non è tempo di congresso, conviene a tutti remare insieme verso un unico obiettivo che è quello delle Politiche". In realtà, le stesse fonti rimarcano come le prese di distanza avranno la posta in gioco di ottenere più spazio nelle liste. 

In vista delle politiche spunta il "partito di Gentiloni"

"Renzi - viene spiegato - punterà alla pax interna, è disposto a concedere anche il 20% delle quote alla minoranza. Ma chiederà unità perché gli avversari sono i Cinque stelle e il centrodestra". Subito dopo le elezioni ci dovrebbe essere una direzione in cui chiudere subito sul nascere eventuali contrasti. Delle trattative legate alle candidature si parlerà più avanti, intanto Orfini detta la linea: "Per le nostre regole, la nostra storia e la nostra volontà il candidato sarà Renzi, come hanno deciso i nostri elettori alle primarie". Il punto infatti è chi dovrà essere schierato ai nastri di partenza per la poltrona di Palazzo Chigi. Il meccanismo di chi vuole una conferma di Gentiloni e non puntare su Renzi ruota proprio sulla necessità di costruire una coalizione di centrosinistra: visto che non è stata possibile in Sicilia almeno si faccia per le prossime elezioni, la tesi. 

"Si parte dalla candidatura di Renzi", chiarisce Orlando, da qui parte la discussione. Ma i renziani chiudono subito la porta a qualsiasi tavolo di confronto in merito. Ed è lo stesso Renzi che si dedica piuttosto allo scontro tv con Di Maio che ci sarà martedi' ("Aspetto di capire anche quale sarà il frontrunner del centrodestra") e alla vicenda Bankitalia. "Chi ha sbagliato, paghi: non è populismo, è giustizia". "Noi diciamo che troppe cose non hanno funzionato, il sistema tecnico di vigilanza e controlli non sempre è stato all'altezza", attacca il segretario dem nella sua Enews. Ed ancora: "I posti di lavoro sarebbero stati di più se le banche avessero lavorato meglio". "Noi - sottolinea Renzi - su questa partita facciamo sul serio, senza incertezze, fino in fondo. Non accetteremo che la verità su questa pagina sia scritta dalle fake news. Nessuno di noi intende fermarsi. Facciamo chiarezza, amici, ce lo chiede il buon senso". Infine: "Se vogliamo che qualcosa cambi davvero le alte burocrazie di questo Paese - la posizione del segretario dem - devono smettere di buttare la croce addosso ai politici di turno e assumersi anche loro le proprie responsabilita'".



Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it